Centrodestra, la presunzione di Berlusconi

“Va quindi scelto un metodo serio per selezionare candidature e leader e se Berlusconi è così sicuro di essere il meglio del meglio abbia almeno l’umiltà di affrontare il confronto. Sì alle primarie nel centrodestra”

Tra un anno al massimo si voterà per le elezioni politiche, c’è poco tempo e non andrebbe buttato via. Va votata subito una legge elettorale che assicuri una maggioranza, ma permettendo ai cittadini di scegliere direttamente le persone da eleggere, o la classe dirigente sarà sempre più inadeguata, mentre a tutti servirebbe un leader credibile e legittimato dal voto popolare. Il Pd ha Renzi che presto tornerà in campo, i 5 Stelle faticano a trovare un leader che non sia lo stesso Grillo –  che però politico non è – mentre il centro-destra è purtroppo allo sbando.

L’intervista dei giorni scorsi di Silvio Berlusconi che conferma la sua volontà di una personale, ennesima “discesa in campo” è per me sinonimo di prossimi ulteriori disastri e non tanto  – badate bene – per il valore del personaggio, ma soprattutto per l’ennesimo e clamoroso sbaglio di approccio. Berlusconi non è – meglio, “non è più” – un leader, ma al massimo un patriarca che rischia oggi di essere solo un formidabile tappo a qualsiasi tentativo di rinnovamento.

Una volta c’erano i partiti dove si cresceva passo passo, ora un sistema elettorale folle (e incostituzionale) “autonomina” i suoi dirigenti, ma se il leader non è credibile non può crearsi una coalizione intorno a lui e al massimo si raccolgono solo portaborse, pretoriani e “clientes” pronti a tradirlo – come in passato –  al primo passo falso.

Il metodo delle primarie “serie” per recuperare credibilità non vale solo per il leader nazionale, ma per tutte le candidature. La sinistra e il Movimento 5 Stelle lo hanno capito, il centro-destra si sfascia perfino in ogni elezione comunale scegliendo troppo spesso candidati  auto-referenziati e senza radicamento, incapaci di vincere e – se eletti – spesso impossibilitati ad amministrare, non fosse altro che per mancanza di credibilità e per le conseguenti risse interne.

berlusconi sm
Va quindi scelto un metodo serio per selezionare candidature e leader e se Berlusconi è così sicuro di essere il meglio del meglio abbia almeno l’umiltà di affrontare il confronto: se sarà il più votato avrà tutti i diritti di rappresentare lo schieramento, altrimenti si dovrà fare da parte, perché evidentemente sarà saltato fuori qualcuno più capace di lui a raccogliere consensi. D’altronde Berlusconi verifichi un qualsiasi sondaggio di opinione e ne avrà subito una amara ma comprensibile conferma!

ORA PRIMARIE CENTRODESTRA

Certo non può continuare a sostenere “Non c’è nessuno dietro di me” visto che – dopo aver massacrato la classe dirigente dell’allora neonato PdL alle politiche del 2013 non candidando molte persone valide e che avevano svolto bene il loro mandato per privilegiare amici e amici degli amici – eccolo che poi ha insistito e ad uno ad uno, da Fitto ad Alfano, da Parisi a Toti, ha continuato sistematicamente ad uccidere politicamente tutti i superstiti o i potenziali emergenti.

In ogni segmento di centro-destra ci sono persone valide anche oltre ai leader della prima fila (penso a Zaia che è il governatore più benvoluto d’Italia, ma anche a Cattaneo di FI, alla Gelmini ecc.) ma servono innanzitutto umiltà e volontà sincera di rinnovamento. Soprattutto bisogna voler bene a questo nostro Paese per intraprendere un percorso simile, l’unico che alla fine potrebbe permettere al centro-destra di giocarsela alla pari e rischiare di vincere. Se invece si vogliono solo salvaguardare manipoli di yesman (o “yesgirl”) andiamo avanti così, ma si corre al precipizio.

Visto poi che al centro-destra servirebbe anche una linea apolitica comune (pro o contro l’Euro, pro o contro l’Europa, pro o contro la repubblica presidenziale?) ciascun candidato-leader dello schieramento avrebbe così la possibilità non solo di farsi conoscere e valutare dal grande pubblico ma anche la necessità di spiegare come e con chi un domani collaborare, visto che è impensabile che qualcuno in Italia arrivi oggi da solo al 51%.

Di fatto, così, con le “primarie” si voterebbe anche una linea strategica e il vincitore avrebbe tutti i diritti e l’autorevolezza di portare avanti le sue scelte.

Possibile che sia così difficile capire che non valgono più i metodi, le situazioni e i personaggi di 25 anni fa? Non è solo una questione di umiltà personale, non capirlo significa avere già perso in partenza la speranza di tornare a governare il Paese.