Si è parlato anche di voto all’estero nell’Assemblea Plenaria del Consiglio Generale degli italiani all’estero. Secondo gli esperti intervenuto, il sistema misto – voto per posta, presso i seggi o elettronico – sarebbe il miglior compromesso. Pur essendo prudenti sul voto elettronico, gli esperti hanno affermato che non sarebbe da scartare a priori, ma da valutare con estrema attenzione.
E’ ciò che proponiamo noi di ItaliaChiamaItalia da quasi vent’anni ormai, offrire all’elettore l’opportunità di scegliere come votare: per corrispondenza, nei seggi istituiti presso le nostre istituzioni diplomatiche o con il voto elettronico.
Nei dettagli, dalle relazioni del professor Saverio D’Auria e del dottor Stefano Quintarelli, intervenuti sulle criticità del sistema attuale e sugli scenari futuri, in occasione della plenaria del CGIE, si evince che il sistema elettorale per gli italiani all’estero, in assoluto, non presenta criticità strutturali, ma sicuramente vulnerabilità che possono prestarsi a usi impropri. E va quindi migliorato.
D’Auria, nella sua analisi storica delle elezioni all’estero, ha sottolineato che “alcune criticità sono state usate solo da poche mele marce” e che “alcune elezioni sono completamente esenti da brogli, per esempio i referendum”.
I brogli, quindi, “sono insiti nel sistema elettorale, non strutturali”.
Tra le principali criticità, la possibilità che vengano “stampate schede false in loco o schede vere ma trafugate dalle cassette postali o acquistate (è successo nel 2013)”.
A rendere il sistema fragile è anche la “consegna spontanea delle schede a familiari e associazioni, che lo rende paragonabile a un voto per procura”.
Sulla possibilità di passare al voto elettronico, però, D’Auria è netto: “Il voto elettronico prevede una alfabetizzazione che a mio parere non è presente, pochi italiani all’estero hanno lo SPID e averlo è una via crucis”.
Inoltre, “non è sicuro perché si può vendere il proprio voto”.
Secondo il docente, “l’unico metodo sicuro è la raccolta presso un seggio, come succede per le elezioni europee dove non ci sono segnalazioni di brogli”.
Altre proposte di miglioramento includono “l’uso di certificati in carta filigranata stampata in Italia” e la necessità di “aumentare la sensibilità della comunità al voto”.
Il dottor Stefano Quintarelli ha fornito un’analisi tecnico-scientifica degli scenari futuri, a partire dalla possibilità di voto da remoto: “Il voto online non può garantire che il voto sia libero, integro e segreto contemporaneamente per ragioni tecniche”.
L’idea di un accesso via SPID è, secondo lui, “molto affascinante, ma bisogna fare affidamento per l’accesso e la gestione delle procedure a chi gestisce il sistema”.
Quintarelli ha poi ridimensionato l’entusiasmo verso l’e-voting: “Il voto elettronico nel mondo è meno diffuso di quanto si pensi”. In Svizzera “viene fatto, ma ci sono stati dei problemi e ci sono delle riflessioni”, mentre in Estonia, “che è un paese giovane e non aveva infrastrutture amministrative, e anche lì ci sono parecchie contestazioni per l’esclusione dei russofoni delle zone rurali”.
In generale, “si riscontra più facilmente in democrazie guidate”.
Anche per Quintarelli “l’unico metodo sicuro è il seggio”, pur precisando che è “necessario ma non sufficiente perché solo il 10% dei presidenti di seggio segue le regole”.
La proposta è quella di valutare anche l’utilizzo di voting machine come quelle in uso nelle elezioni degli Stati Uniti.
Entrambi gli esperti concordano sull’opportunità di intervenire con una riforma: “Il voto elettronico non sarebbe esente da tutti i problemi, il metodo misto sarebbe un miglior compromesso”, ha concluso D’Auria.
L’obiettivo, per entrambi, è rafforzare fiducia, legalità e trasparenza, senza rinunciare al diritto di voto per milioni di italiani all’estero.
VOTO ESTERO, PRODI (CGIE): FONDAMENTALE TROVARE STRUMENTI PER MESSA IN SICUREZZA
Per Maria Chiara Prodi, Segretaria Generale CGIE, il voto all’estero “è un tema fondamentale come ci ha ricordato il presidente Mattarella“.
Il tema della partecipazione e della sicurezza “è una necessità che ha a che vedere coi dati delle persone, ma anche con la comunicazione che si ha intorno alle elezioni: quanta più consapevolezza c’è intorno alle modalità quanto maggiore sarà la partecipazione”.
Prodi respinge le critiche ricevute a volte dalle comunità italiane all’estero sottolineando che questi, in caso di brogli o di malfunzionamenti delle procedure di voto “sono parte civile, non imputati. La confusione deriva dal fatto che non esiste niente di più complesso che assicurare la sicurezza del voto all’estero e noi vogliamo dotarci di strumenti scientifici, tecnici, non di parte, per vedere dove è possibile fare dei miglioramenti”.
Necessaria anche la formazione per gli addetti allo scrutinio: “Chi è stato a Castelnuovo di Porto – scherza Prodi – ha vissuto cose che altri non hanno vissuto, ma delle cose non bisogna avere paura, ma affrontarle: è necessaria una formazione per chi sta ai seggi”.
VOTO ESTERO, PORTA (PD): ENTRO ESTATE ALMENO NUOVA METODOLOGIA PER RIFORMA
Una riforma delle modalità di voto per gli italiani all’estero “è un tema non più rinviabile che deve affrontare questa legislatura, e credo che lo pensino anche i parlamentari non eletti all’estero. Abbiamo un obbligo morale verso le comunità italiane all’estero, e rivolgo un appello: se fosse possibile dovremmo arrivare già entro la pausa estiva almeno alla definizione di una metodologia da applicare poi l’anno prossimo, in una proposta di legge”. Così il deputato del Partito democratico, eletto all’estero, Fabio Porta, nel corso della plenaria del CGIE.
“Ora abbiamo la certezza che non esiste il voto perfetto, ma sappiamo anche che esiste un voto imperfetto, che il voto online va scartato. Credo all’incrocio di più sistemi, per esempio il voto per corrispondenza e il voto ai seggi”.