Avevano messo in piedi un’organizzazione “altamente efficiente, con ruoli definiti e precise regole di condotta”, e strutturata in modo capillare per lo spaccio di droga (eroina, cocaina e hascisc) in provincia di Potenza, acquistata a Napoli e nel foggiano e poi trasportata con un sistema di staffette, e a volte anche tagliata direttamente nel potentino: cinque persone sono finite in carcere e sei ai domiciliari nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Dda di Potenza, in collaborazione con la Squadra mobile e dalla Guardia di Finanza. I particolari delle indagini sono stati illustrati stamani, a Potenza, nel corso di una conferenza stampa, dal Procuratore Luigi Gay, dal pm Francesco Basentini, dal dirigente della Squadra mobile, Carlo Pagano, e dal comandante provinciale di Potenza della Guardia di Finanza, il colonnello Gianluca Dinoi.
Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state notificate a Rocco Santarsiero, Claudio Cioffredi, Giovanni Sciusco, Roberto Tarantino e Raffaele Cassano; gli arresti domiciliari sono stati invece disposti per Alessandro Sambataro, Mirco Nucito, Giovanni Antonio Cerverizzo, Daniele Caporaso, Antonio D’Aversa e Lucia Barile. Cinque persone hanno infine avuto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (Teodoro Gabriele Barbetta, Maurizio Bochicchio, Pasquale Antonio Ciciriello, Laviero Salvia e Oreste Doria). Gli indagati sono complessivamente 54, coinvolti a vario titolo per associazione per delinquere finalizzata all’acquisto e allo spaccio di droga, estorsione e possesso di armi.
L’organizzazione aveva unito due gruppi criminali – del potentino e di Cerignola (Foggia) – che secondo gli investigatori avevano strutturato un traffico “meticolosamente definito”: gli acquisti avvenivano nel Foggiano e a Napoli (in particolare nel Rione Traiano, attraverso i contatti con la locale famiglia degli Ivone), e lo stupefacente veniva poi portato in molti centri della provincia di Potenza su auto e moto, attraverso un sistema di “staffette” per evitare posti di blocco e controlli. Nel capoluogo lucano, la “base” del gruppo, la droga veniva spesso tagliata, per aumentarne valore e quantita’, e poi rivenduta.
Le aree di deposito e taglio, anche in questo caso, erano monitorate da un ampio sistema di “vedette”. Gli approvvigionamenti in qualche caso avvenivano anche direttamente nel Vulture Melfese. Le indagini sono cominciate nel 2012, con pedinamenti, intercettazioni e controlli, permettendo, ha spiegato Gay, di “bloccare un sodalizio criminoso che ha mostrato una significativa capacita’ organizzativa, efficiente e con un’attenta distribuzione di compiti e con l’osservanza di precise regole di condotta”.
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