Il segreto per curare il morbo di Alzheimer, la forma di gran lunga piu’ diffusa al mondo di demenza senile, potrebbe celarsi in una proteina neuroprotettiva chiamata reelina: in esperimenti su animali malati questa molecola si e’ infatti dimostrata in gradi di far regredire i segni clinici di malattia, ovvero il declino cognitivo, e di ridurre il deposito di materiale tossico di ‘proteina beta-amiloide’ nel cervello tipico della demenza.
La ricerca e’ stata condotta da Daniela Rossi e Eduardo Soriano della Universita’ di Barcellona e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications. La reelina e’ nota agli scienziati per essere un potenziatore cognitivo: aiuta la plasticita’ cerebrale, ovvero rende il cervello piu’ elastico e scattante. Adesso i ricercatori dell’ateneo spagnolo hanno scoperto che la reelina fa di piu’: aumentandone la concentrazione nel cervello dei topolini malati, la reelina e’ capace di evitare il declino cognitivo cui sarebbero altrimenti destinati gli animali. Inoltre impedisce la formazione delle placche tossiche di materiale ‘beta-amiloide’ che sono un aspetto distintivo della demenza senile.
Il morbo di Alzheimer e’ infatti una patologia neurodegenerativa che ha come segni clinici caratteristici la perdita progressiva di memoria e capacita’ cognitive fino a un livello invalidante per il paziente; il suo segni anatomico piu’ tipico e’ invece la formazione in alcune regioni chiave del cervello di fibrille e placche di materiale velenoso (che uccide i neuroni) formato da ammassi di proteina beta-amiloide. Per la prima volta in questo studio preclinico si dimostra la possibilita’, aumentando la quantita’ di reelina presente nel cervello, di evitare sia i segni clinici, sia i segni anatomici tipici dell’Alzheimer. In vitro, spiega Rossi, la reelina interagisce con il peptide beta-amiloide e ritarda la formazione di fibrille di sostanza tossica. Questi risultati sono stati riprodotti in un modello animale di malattia di Alzheimer e si e’ osservato che la reelina riduce anche la formazione di placche tossiche di beta-amiloide.
Lo studio, spiega Soriano, dimostra per la prima volta che la reelina ha un effetto neuroprotettivo in malattie neurodegenerative. ”Il risultato piu’ evidente – sottolinea Soriano – e’ che un promotore della plasticita’ del cervello come la reelina puo’ salvare gli animali dai segni clinici di Alzheimer”. ”Il recupero dei deficit cognitivi – conclude – prende piede dopo che la reelina ha attivato tutta una serie di segnali molecolari che regolano la funzione neurale globale, sia sul fronte della cognizione, sia su quello della plasticita’ che su quello della formazione delle placche. Insomma la reelina ha il vantaggio di agire contemporaneamente su differenti aspetti della malattia”.
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