Riforme, Pd: Chiti non ritira ddl, ma ci sarà mediazione

In commissione Affari Costituzionali, oltre alla proposta di modifica del Senato e del Titolo V del premier Matteo Renzi, giungerà anche il testo firmato da 22 senatori dell’area ‘dem’ del Partito democratico (più altre senatori di altri gruppi). Ma nonostante Chiti non abbia ritirato il suo ddl alternativo "si arriverà comunque a un testo base su cui il Pd presenterà i suoi emendamenti". Ad assicurarlo è stato il capogruppo Luigi Zanda, al termine della riunione del gruppo al Senato ("la quinta sulle riforma, una discussione molto interessante e aperta"), che ha anticipato l’inizio dei lavori della Commissione Affari costituzionali, in cui proprio oggi approva la discussione sulle riforme.

Sappiamo tutti, dice Zanda "che c’è la necessità di procedere alle riforme con tempi rapidi e di arrivare a modifiche condivise".

Andrea Marcucci spiega che dal Pd è arrivato "un via libera sostanziale al ddl del governo Renzi. Ora lavoreremo per migliorare, entro il 25 maggio approveremo in prima lettura", dicendosi sicuro che "l’accordo con Forza Italia reggerà, l’incontro tra il premier e Berlusconi ha confermato un cambiamento di portata storica".

Secondo Giorgio Tonini "l’impianto di riforma proposto da Renzi affonda le radici nella storia migliore del centrosinistra, in quel vero e proprio manifesto fondativo dell’unità dei riformisti che furono le tesi dell’Ulivo nel 1995".

"Al tempo stesso – continua Tonini – non si possono non vedere le criticità ancora presenti nella proposta, sia sul versante delle garanzie e dei contrappesi ad una Camera che giustamente si vuole eletta con un sistema maggioritario, sia su quello della coerenza tra l’opzione assolutamente valida di fare del Senato una camera delle autonomie e una revisione del titolo V prevalentemente ispirata al criterio di riportare in capo allo Stato centrale competenze oggi attribuite alle regioni".

Da qui l’esigenza di una ulteriore mediazione: secondo Chiti il ddl alternativo "è un contributo alla discussione. Poi la presidente farà un testo base, vediamo se ci convince ed eventualmente presenteremo degli emendamenti".

Secondo l’ex vicepresidente del Senato "va bene che sia solo la Camera che dà la fiducia e ha l’ultima parola sul complesso delle leggi, ma rimanga il bicameralismo sulle modifiche alla Costituzione, sulla legge elettorale e le leggi europee, sui diritti civili e politici e sulla ratifica dei trattati internazionali. Quanto all’eleggibilità dei senatori per me è un valore aggiunto che siano i cittadini a scegliere".