Per ripartire con le trattative la Germania ha preteso l’esito del referendum greco, dopo il "muro contro muro" tra Europa e Grecia, tra Bruxelles e Atene, tra l’UE e il premier Tsipras, che ha invitato, per il 5 luglio, i circa 9,8 milioni di cittadini greci ha votare "no". Oggi Tsipras si sente un po’ più forte e soddisfatto davanti all’esito del 61 per cento dei "no" ottenuto ieri. Questo esito serve a rafforzare la nostra posizione nei prossimi accordi, ha detto; e pare non sostenga la tesi che la vittoria sarebbe stata, secondo il giudizio di molti, un rifiuto dell’Europa, per un accordo in extremis che non si sposava con la linea di Angela Merkel (referendum greco considerato un “errore” dal premier Renzi), la quale si è opposta a negoziare subito un terzo piano di salvataggio (spiazzato invece dalla disponibilità di Hollande) per la Grecia. D’altra parte oggi la Cancelliera ha risposto con un moto di stizza all’esito greco.
Non si tratta di dettar legge, ma semplicemente di osservare delle regole. Le regole economiche e finanziarie. Norme che l’Eurozona ben conosce, e che ha tentato di rispettare, nonostante le grandi fatiche e le privazioni di alcuni Paesi europei. Non è stato facile per nessuno Stato europeo cercare di risanare il debito. Dentro questo gioco dagli equilibri incerti l’Europa, nella ricerca di una soluzione, sembrava, a giudizio di molti, aver chiuso le porte del dialogo alle ultime proposte del leader greco, congelando ogni trattativa, quando lui ha deciso di tirar dritto, spiegando che "un voto negativo non significherebbe dire no all’Europa ma tornare a un’Europa dei valori".
In questa situazione c’è molta emotività nel dibattito sulla Grecia, che rischia di oscurare la sostanza economica dei problemi, anche se la sofferenza di un popolo, quello greco, rischia la tragedia: sacrifici sui salari, tasse che aumentano, tagli alle pensioni, le banche chiuse, la scarsa liquidità di denaro, e poi se non si sblocca la liquidità della Bce l’economia già allo stremo non funzionerà più. Eppure "l’UE non è in grado di aiutare nessuno, contro la sua volontà", ha avvertito giorni fa il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Se da diverso tempo dalla Germania veniva l’aut aut: "Decidano se stare nell’euro", oggi scatta la posizione di Angela Merkel che è ancora molto fredda.
Anche se ha vinto la maggioranza del No, anche se il ministro delle Finanze di Atene Yanis Varoufakis si è “dimesso” oggi “per aiutare Tsipras”, si tratta piuttosto di mettere in atto nuove strategie. Con qualsiasi esito Atene e Bruxelles devono riprendere subito le trattative, ci si augura che lo facciano, d’ora in poi. C’è una sola ricetta risolutiva che, come sostiene Roberto Muraro in un articolo sul Messaggero del 2 luglio 2015, "contempla regole rigorose a regime e vasto aiuto temporaneo affinché la Grecia arrivi a regime", cioè dovrebbe dare un convincente programma di risanamento. Dovrà esserci un rapporto di fiducia da ambo le parti.
Niente da dire sulla richiesta di Tsipras, quella di ascoltare l’esplicita presa di posizione del popolo greco, una richiesta giusta, purché ci sia un impegno da parte di tutti, fosse pure un sacrificio. Ci vorrà un compromesso, ma quale? Ci vorrà una volontà politica, ma c’è una volontà politica per trovare una via d’uscita alla crisi? L’Europa studia ora le contromosse al "no" dei greci. Tra i tanti incontri oggi, il vertice bilaterale Merkel-Hollande stasera a Parigi, già domani sarà convocato alle 6:00 l’incontro del nuovo Eurogruppo, seguito poi da un vertice dei leader dei paesi dell’Eurozona.
Del resto da entrambe le parti un punto fermo ci vuole. In questi giorni abbiamo visto scontrarsi due mondi politici, due modi diversi di concepire l’Europa e l’uso di linguaggi diversi. Fa bene l’Europa della fredda logica economico-finanziaria a puntare su una ripresa e su uno sviluppo dell’economia nell’Eurozona. Ma se uno Stato non riesce ad adeguarsi alle sue regole, e alle sue condizioni, se a causa di ciò il popolo greco si sente sacrificato, umiliato, fino all’ultimo, allora è giusto che il suo leader scelga per esso un’altra via, una prospettiva diversa.
Se Tsipras però non mantiene le promesse, e se Atene non pagherà i 3,5 miliardi di euro suoi bond e 0,695 miliardi sulle cedole della Bce, lo Stato andrà in bancarotta, e se dall’Europa non verrà un prestito-ponte per scongiurare il default della Grecia, allora che succederà, il Paese greco “si schianterà contro un muro”, come ha previsto in una riunione ristretta del suo partito Angela Merkel, secondo il settimanale tedesco Spiegel? Come cambierà l’Europa? Le domande ci tengono sui carboni ardenti. Perché se è vero che la forza di una ricca economia permette il benessere dei popoli, è anche vero che in un’Europa democratica, se lo è, ci deve pur essere il rispetto dei valori e dei diritti umani.
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