Pubblichiamo qui di seguito il testo di un’interrogazione depositata dal sen. Di Biagio su tematiche relative all’attività dei patronati.
L’INTERROGAZIONE
Interrogazione a risposta orale in Commissione
Ai ministri degli affari esteri, del lavoro e dell’Economia e delle finanze
Per sapere, premesso che
recenti articoli di stampa hanno cominciato a gettare un faro su un sistema, quello dei patronati italiani oltre confine, nel quale è indubbio che esistano lacune normative, amministrative ed organizzative che talvolta stridono con l’approccio portato avanti dall’Amministrazione su altri versanti, come quello della gestione dei servizi ai connazionali oltre confine ed il contenimento dei costi riservato alla relativa funzionalità statale all’estero;
l’attività dei patronati italiani all’estero è svolta, prevalentemente, attraverso la costituzione nel Paese straniero di un’associazioni di diritto locale legata giuridicamente al patronato nazionale da una specifica convenzione nella quale sono sanciti i termini dell’attività, delle responsabilità e delle relazioni operative tra la struttura centrale e la specifica sede periferica;
rappresenta un elemento di non trascurabile attenzione il fatto che il Maeci prosegua nel suo complesso percorso di razionalizzazione delle sedi diplomatiche italiane all’estero, portando avanti – malgrado le resistenze parlamentari ed i sommovimenti dei residenti oltre confine direttamente interessati – chiusure di strutture consolari riferimento per migliaia di connazionali, ma nel contempo l’Amministrazione, sembrerebbe legittimare, l’apertura di altre sedi estere di patronati italiani che si aggiungono a quelle già esistenti e che, in alcuni casi, sorgono nella medesima circoscrizione consolare oggetto di chiusure;
vale la pena segnalare che ciascuna sede provinciale di patronato costa all’erario circa 20mila euro e, per una sede zonale, circa 10mila euro annui ai sensi degli Art.7 e 8 del DM 10 ottobre 2008 n.193 cui si aggiungeranno i rimborsi relativi ai punteggi correlati alle singole attività portate avanti dalla sede nel corso della sua attività con un ammontare di onere in capo al bilancio dello Stato in alcuni tratti superiore al costo del mantenimento di talune strutture consolari: nella fattispecie gli oneri accessori dello sportello consolare di Saarbrücken chiuso dal 31 luglio 2014 ammontavano proprio a 10mila euro annui;
risulta all’interrogante che paradossalmente proprio nelle circoscrizioni consolari oggetto di razionalizzazione dal Parte del MAECI siano state legittimate aperture di nuovi patronati infatti, a titolo di esempio, nel solo distretto di Francoforte sussistono n.17 uffici di Patronato a fronte di un ufficio consolare e nel distretto di Friburgo n.13 uffici di Patronato a fronte di un ufficio consolare. La tendenza di una presenza straordinaria nell`arco di 50 Km é rappresentata dall’ organizzazione di un unico Patronato operante sul territorio, l’incremento del numero di patronati in territorio straniero si configura come inversamente proporzionale al numero di connazionali potenziali utenti dei servizi degli stessi, poiché la mission originaria della presenza di patronati oltre confine era quella di prestare supporto a cittadini italiani che, per ragioni di bassa alfabetizzazione o di assenza di strutture di contatto diretto, avevano difficoltà ad individuare canali di confronto con le istituzioni di interesse sul territorio nazionale;
l’amplificazione della presenza di patronati sul territorio straniero inserendosi nel vacuum di rappresentanza determinato dalla razionalizzazione della presenza diplomatico-consolare italiana all’estero, ha simbolicamente ed operativamente rappresentato la sua naturale sostituzione, segnatamente in quelle aree in cui l’assenza di un riferimento statale italiano risulta essere particolarmente onerosa per i connazionali, animando, di fatto, in capo a profili istituzionali l’esigenza di "implementare" le competenze e le potenzialità operative degli stessi patronati proprio per far fronte al limite di presenza consolare di cui in premessa;
questo approccio tendente a legittimare un ampliamento funzionale dei patronati all’estero rischia di configurarsi come disarmonico rispetto al portato della norma: l’articolo 11 della legge 152 del 2001 prevede che "gli istituti di patronato e di assistenza sociale possono svolgere, sulla base di apposite convenzioni con il Ministero degli affari esteri, attività di supporto alle autorità diplomatiche e consolari italiane all’estero, nello svolgimento di servizi non demandati per legge all’esclusiva competenza delle predette autorità";
pertanto, sussistendo al momento una quasi naturale tendenza a demandare al patronato attività finora di esclusiva competenza delle autorità diplomatiche e consolari, come – a titolo di esempio – la gestione del rilascio dei passaporti, emergono dubbi circa la legittimità del ruolo dello stesso patronato;
il trend di crescita esponenziale delle installazioni di patronati nei territori stranieri sembra ratificare una delegittimazione del ruolo di garanzia svolto dallo Stato in ambiti delicati come l’assistenza del connazionale in una posizione alternativa alla attivitá svolta dalla amministrazione dello Stato , attraverso l’attivazione di una delega – dalla opaca legittimità normativa – in capo ad un soggetto privato, nel momento esatto in cui lo Stato stesso ritiene di non poter avere gli strumenti per poter portare avanti quel ruolo quando si da attuazione alla razionalizzazione della presenza consolare all’estero;
le sedi di patronato oltre confine, si configurano come naturale tramite del connazionale con talune istituzioni in sede, nella fattispecie l’Inps, pertanto l’utilità e l’opportunità della loro presenza sul territorio estero sono indiscutibili, segnatamente in aree dove è presente una significativa comunità italiana: di contro la sussistenza di un presupposto di utilità di una struttura di servizio non può essere il passpartout per un percorso di aperture indiscriminate di nuove sedi, animate dalla costante ricerca di nuovi incarichi e responsabilità, tali da depauperare la basica funzionalità delle presenze statali nei territori esteri eclissandone la funzione, l’immagine e soprattutto la percezione di utilità in capo ai nostri connazionali;
legittimare un percorso di ampliamento della presenza dei patronati oltre confine equivarrebbe ad accettare che questi si tramutino in qualcosa di diverso dalla semplice associazione privata di diritto straniero, arrivando a configurarsi come una diretta emanazione dello Stato italiano, in totale deroga rispetto a quanto sancito dalla normativa vigente;
un patronato con rinnovate ed ampliate funzionalità, le cui sedi cominciano a moltiplicarsi sul territorio estero, non può mantenere una lecita indipendenza ma diventerà inevitabilmente catalizzatore di interessi di natura politica e finanziaria tali da lasciarne evolvere la struttura da centro di pubblico servizio a lobby politica così come l’attualità ha chiaramente evidenziato con riferimento all’attenzione mostrata verso dinamiche di natura politica e associativa particolarmente rilevanti tra le comunità oltre confine;
il patronato, anche e soprattutto nella sua configurazione estera, dovrebbe detenere una mission fisiologica inderogabile quale quella di svolgere gratuitamente un servizio di pubblica utilità a tutela del prioritario interesse del connazionale, soprattutto quando sussistono condizioni di "incomunicabilità" tra connazionale ed istituzioni e la sussistenza di siffatte condizioni afferisce ad un momento storico-sociale relativo ai vecchi flussi migratori e attualmente superato;
pertanto, appare chiaro che siano venute meno determinanti condizioni alla base della nascita e della promozione della presenza dei patronati italiani oltre confine anche in ragione della naturale riduzione delle attività di gestione previdenziale dei connazionali di vecchia emigrazione, e siffatta evoluzione dello scenario sociale entro il quale vi era stata la ragione fondante della loro esistenza dovrebbe di contro condurre ad una revisione del ruolo stesso dei patronati all’estero, che tenga conto della società in evoluzione, con istanze nuove e con protagonisti diversi;
alla luce di tali aspetti si assiste da un lato al venir meno della originaria mission, svanendo i presupposti di necessità ed opportunità originariamente presenti nelle comunità italiane oltre confine, e dall’altro al moltiplicarsi delle sedi di patronato oltre confine con una ricerca costante di un ampliamento dei ruoli, delle competenze e delle responsabilità pur di legittimare una sopravvivenza della loro funzione, lasciando emergere una sorta di paradosso istituzionale in riferimento al quale appare inderogabile un’attenzione da parte dei Ministeri in indirizzo;
merita un’ulteriore riflessione il fatto che l’incremento delle sedi di patronati oltre confine afferisce a poche sigle, per lo più quelle rientranti nel Cepa, che essendo in indiscutibile maggioranza risulterebbero, tra le altre cose, anche destinatarie maggioritarie delle risorse del fondo destinato ai patronati alimentato dalle aliquote previdenziali, il cui ammontare resta invariato malgrado l’incremento del numero di sedi che vengono installate, a danno delle sigle minori e con il rischio di legittimare anche una sorta di squilibrio, dalla discutibile legittimità, di rappresentanza tra le diverse sigle;
l’attuale configurazione della geografia di rappresentanza delle sedi dei patronati lascia emergere una sorta di paradosso istituzionale in riferimento al quale appare inderogabile un’attenzione da parte dei Ministeri in indirizzo;
al momento è in corso presso il Senato della Repubblica, nell’ambito delle attività del Comitato per le questioni per gli italiani all’estero, un’Indagine conoscitiva sulla riforma dei Patronati italiani che operano fuori dal territorio nazionale per le comunità italiane residenti all’estero:-
se si è a conoscenza delle questioni e delle criticità evidenziate in premessa;
quali iniziative si intende avviare al fine di determinare un percorso di riforma della disciplina afferente l’operatività dei patronati italiani che operano fuori dal territorio nazionale superando il paradosso istituzionale che attualmente sta emergendo attraverso la poco comprensibile proliferazione di sedi di patronato nei territori esteri oggetto di chiusura di sedi consolari.
Aldo Di Biagio
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