Le ultime sortite degli jihadisti che, da mesi, controllano il Nord del Mali, dove hanno imposto, oltre ad un regime da forza d’occupazione, anche la sharja nella versione piu’ estrema, potrebbero avere innescato un processo di reazione da parte di coloro (Comunita’ economica degli Stati dell’Africa Occidentale e Paesi del Sahel) che certo non sono teneri nei confronti dei militari golpisti maliani, ma temono molto di piu’ la metastasi integralista che, partendo da Gao, Kidal e Timbuctu, potrebbe estendersi in tutta la regione.
Che qualcosa stesse per determinarsi lo si era dedotto dalle pressioni che, ormai da settimane, erano esercitate sull’Algeria che, da potenza regionale e alle prese con un terrorismo islamico nel sud, avrebbe tutto da perdere dalla nascita di un Paese, ma forse piu’ probabilmente di un califfato, alle sue porte. Pressioni discrete ancorche’ decise che le cancellerie occidentali hanno riservato all’Algeria che, in questo momento, e’ la sola ad avere la forza militare e le capacita’ per vestire i panni del gendarme.
Sino ad oggi Algeri aveva ascoltato e, garbatamente, preso tempo, ma la improvvisa evoluzione sul terreno (le violenze sulla popolazione, la dissennata opera di distruzione dei luoghi sacri) sembra avere fatto scoprire quel che potrebbe essere lo scenario futuro di una porzione di regione in mano agli jihadisti. Oggi sono giunte tre notizie che sono state il segnale che qualcosa potrebbe mutare a breve.
La prima e’, per cosi’ dire, dal fronte interno perche’ gli arabi di Timbuctu hanno deciso di creare una milizia di difesa dei luoghi sacri che, in qualche modo, lo si chiami come si vuole, e’ il segnale dell’inizio di una rivolta. La seconda viene da Nouakchott dove i capi di Stato maggiore dei Paesi del Sahel (Algeria, Mauritania, Niger e lo stesso Mali) hanno deciso di aiutare i maliani a ‘recuperare la sovranita’ sull’insieme del territorio nazionale’, studiandone i ‘mezzi’. Ed e’ la prima volta che, nell’estenuante ritualita’ dei colloqui e degli incontri, i Paesi del Sahel per il Mali parlano di ‘mezzi’, segnando il passaggio dalla progettazione alla preparazione.
Una cosa che spalanca la strada all’intervento militare nel nord del Mali perche’ fa il paio con l’annuncio – abbastanza datato – della Comunita’ economica degli Stati dell’Africa Occidentale di volere intraprendere una azione sul terreno, con una forza di tremila uomini, che, se si guarda ai tempi dell’annuncio, dovrebbero essere gia’ abbondantemente preparati. In tutto questo spicca l’assoluto silenzio che stanno osservando i tuareg del Movimento di liberazione nazionale dell’Azawad, scacciati dagli jihadisti dal nord che pure avevano conquistato e che ora sono costretti a guardare da lontano. Posizione politicamente delicata perche’ il loro solo obiettivo e’ creare lo Stato dell’Azawad, ma il disprezzo loro riservato dagli jihadisti potrebbe indurli ad inghiottire l’amaro calice dell’alleanza con Bamako. Anche perche’, e questa e’ la terza notizia di giornata, la diarchia che provvisoriamente governa il Mali, il presidente Dioncounda Traore’ e il premier Cheick Modibo Diarra, oggi ha lanciato la proposta di un governo di unita’ nazionale, aperto alle forze democratiche del Paese. Niente di trascendentale, ma sicuramente un primo passo verso la normalizzazione del Paese.
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