La crisi colpisce anche l’abitudine piu’ amata dagli italiani: il caffe’. Le pause al bar per la famosa tazzina sono in crollo drammatico, dice la Fipe, assieme al generalizzato calo delle consumazioni di locali e ristoranti. E se ormai l’espresso in tutt’Italia e’ arrivato a costare un euro, salvo rare eccezioni, la Federazione dei pubblici esercizi assicura che tale soglia psicologica ‘non verra’ sorpassata, sarebbe autolesionismo – dice il presidente Lino Stoppani – non vi sono tensioni sul prezzo del prodotto, in un momento di crisi il barista lima i costi e non pensa a ulteriori aumenti’.
A giugno 2012 la caffetteria pero’ ha aumentato i prezzi del 2,7% rispetto a un anno fa, ecco quindi lo scatto dell’espresso dai canonici 80 centesimi a un euro tondo: al di sotto o al di sopra, dipende poi dal locale. Un prezzo comunque, sottolinea la Fipe, ben al di sotto dell’inflazione generale (+3,3% nel periodo). Per la prima volta poi, caffe’ e quotidiano non viaggiano accoppiati come da tradizione. La tazzina si smarca dall’incremento del prezzo del giornale, salito a 1,20, fa notare Stoppani, ‘la domanda interna e’ sistematicamente crollata, ci salvano un po’ i turisti ma la barriera dell’euro e’ difficile da superare’. I tagli agli stipendi, disoccupazione e tasse, riducono il budget delle famiglie: a cadere e’ anche la classica colazione al bar.
Un cambio di abitudini che non sfugge agli osservatori d’oltreoceano: gli europei tirano la cinghia sull’amata tazzina, scrive il Wall Street Journal. E anche se il consumo pro-capite di caffe’ degli europei resta il piu’ alto al mondo, sale la domanda per le qualita’ meno costose, rileva. E questo si riflette sui prezzi: i chicchi di arabica quest’anno sono in calo 30%, mentre il costo di quelli robusta – di qualita’ piu’ bassa – sono aumentati del 18%. Un balzo che gli analisti attribuiscono alla maggiore domanda europea per questo tipo di chicchi meno costosi.
L’italiano non smentisce il suo primato di consumatore-top al bancone: con 5,8 chilogrammi di caffe’ procapite, l’Italia si accaparra il 7% dei consumi mondiali, e il consumo nei circa 160mila bar e caffe’ italiani rappresenta il 25% del totale nazionale. Il Bel Paese esporta poi il 30% del caffè che viene importato, una quota in aumento costante negli ultimi 20 anni, dice l’associazione Caffe’ Speciali Certificati (Csc). Ma accanto alla passione per la tazzina, a difettare da noi e’ la cultura per la qualita’ del prodotto. Tanto che ‘in Nord Europa mediamente si consuma un caffe’ di qualita’ nettamente piu’ alta di quello servito nei locali italiani’, afferma Enrico Meschini, presidente di Csc che pero’ spezza una lancia a favore dei baristi nazionali: ‘da qualche anno, a dispetto della crisi, cresce l’attenzione per la qualita’ del prodotto, una buona tazzina caratterizza il locale e fidelizza il cliente’.
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