Diciannove giorni all’alba, poco più di due settimane alla chiusura, ma che cosa ne sarà di Expo 2015 nel momento in cui il sipario calerà sull’esposizione universale di Milano? L’albero della vita, gli spettacolari padiglioni, il decumano, la campana più grande del mondo: chi e che cosa subentrerà al loro posto nell’immensa area presa d’assalto dai visitatori provenienti da tutto il mondo? Duecentocinquanta mila, sabato 10 ottobre, il decumano come un’autostrada, metaforicamente intasata dai pedoni nel mese di agosto.
Il 1° novembre si avvicina, come si regolerà Milano il giorno dopo la cerimonia di chiusura di Expo? Già affiora il problema sull’utilizzo del gigantesco hub di 500mila metri quadrati e di altri 300mila che sembrano destinati dall’housing sociale e ad un parco monotematico per i visitatori del futuro.
Ma c’è anche chi punta alla realizzazione di un campus universitario di alto livello, mentre i sogni s’intrecciano con le preoccupazioni nell’immancabile miscuglio all’italiana. Governo e Regione Lombardia saranno chiamati ad affrontare il dopo, una volta spente le rutilanti luci di Expo 2015. Il timore è forte, sarebbe da folli se alla fine fosse l’italianissimo, canonico discorso appunto del dopo: vedremo cosa fare. Il futuro di Expo è nelle mani della società proprietaria dei terreni, l’Aerexpo, una partecipata Regione Lombardia, Comune di Milano, Ente Fiera. Aerexpo ha indetto a marzo 2015 un bando per mettere nero su bianco su un “progetto vincente”. Com’è andato il bando, quale sbocco ha assicurato? Aerexpo ha revocato l’affidamento del progetto dopo che il Governo ha deciso di presentare alle società un Masterplan con la sua idea sulla destinazione dell’area di Expo. Ma la verità vera è un’altra: il Governo non possiede i titoli per imporre alcunché. Quindi, per ora, è nebbia fitta sul futuro di Expo Milano.
Al di là delle idee, di grazia, chi metterà i soldi per la riqualificazione dell’area? Sarebbe pazzesco, per l’Italia, non solo per la città capoluogo della Lombardia, se Expo facesse la fine di Hannover, che ospitò l’esposizione mondiale nel 2000. Un flop clamoroso della Germania. La miseria di appena 18mila visitatori, a fronte di una enorme attesa e di spese da capogiro. Com’è finita Expo Hannover 2000? Nessuna programmazione e gli scheletri dell’esposizione tuttora in bella mostra. Una vergogna non da tedeschi, come se Expo 2000 l’avesse gestita nel dopo un paese del terzo mondo.
Expo Milano 2015 presenta numeri importanti, da record. Certo, non è minimamente insidiabile il primato di visitatori che appartiene a Shanghai 2010, non battibile da Paesi al di fuori dell’Oriente. Espositori di 190 nazioni nella città più europea e americana della Cina, 73 milioni di visitatori. Il primato di Osaka 1970, con 64 milioni di visitatori, aveva resistito quarant’anni. La storia di Expo, d’altro canto, è scandita dai flop, non solo quello di Hannover 2000: un milione e 300mila visitatori a Melbourne 1880, dovendo però considerare che ai tempi pochi sapevano dove fosse l’Australia; e gli insuccessi di Barcellona 1888 (2.3 milioni di visitatori) e Milano 1906, dedicata solo ai trasporti, con i suoi modesti 5,5 milioni di visitatori. Montreal si merita la segnalazione, ottima organizzazione, eccellente frequentazione di pubblico. Tredici milioni in occasione di Expo 1967.
Milano si è riscattata ampiamente a distanza di centonove anni. Il Padiglione Zero ha calamitato folle oceaniche di visitatori con il suo racconto del rapporto tra l’uomo e il cibo. Monumentali le scenografie, muri di spezie, statue di animali, filmati. Decisamente imperdibile, i visitatori continuano ad essere attratti ancora ora, a diciannove giorni dalla chiusura. A proposito, Expo 2015 chiuderà il 30 ottobre, sono escluse proroghe rispetto al programma originario.
Folle enormi anche ai padiglione della Germania e del Kazakistan. La Gran Bretagna ha fatto colpo con il tecnologico, l’Austria col bosco. Curiosità e interesse per Francia, Qatar, Kuwait, e Israele capace di stupire con il campo verticale coltivato goccia a goccia. Il fascino della Corea con i suoi ologrammi e gli effetti speciali nei segreti alimentari Hansik. Fonti di sorprese inattese Angola e il Bahrain con il suo giardino botanico in un elegante labirinto. E code lunghe quasi sempre all’ingresso del padiglione del Brasile.
Visitatori ammirati e rapiti dalla costruzione di legno intrecciato del Giappone, tenuta insieme senza neppure un chiodo. E i templi del Nepal, la colonna di bambù del Vietnam, la foresta tropicale della Malesia.
E noi Italia? Apprezzato moltissimo da gente di tutto il mondo il Padiglione Italia. Lunghe file di visitatori, sempre. Una sicura attrazione il tour alternativo con Illy Caffè, sei appuntamenti quotidiani e visite guidate. Milano è attesa ora dalla grande sfida. Quella appunto della scelta di cosa sarà e cosa farne di Expo 2015, quando lungo il decumano saranno in esposizione solo i ricordi e i complimenti. Replicare Hannover o imitare magari Lisbona e Siviglia, significative edizioni di Expo negli anni Novanta? In Portogallo e Andulusia l’Expo è servita in entrambi i casi almeno ad apportare vistose, poderose, sostanziali migliorie nei collegamenti tra le città e il centro fieristico, che continuano ad attirare visitatori. Prossima la fine della festa, Milano già si ritrova sotto la lente d’ingrandimento del mondo curioso, sospettoso, diffidente. Provi a smentirlo, il mondo.
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