Il cambio di rotta dall’austerity pura verso politiche un po’ piu’ accomodanti e’ perlomeno tardivo, e l’Europa prende atto in questi giorni che la morsa della recessione si fa sempre piu’ dura per i Paesi in ‘salvataggio’ e tocca i ‘Big’, fino a lambire Francia e Germania. I numeri parlano chiaro e suonano come un doloroso monito per la gestione della crisi da parte dell’Europa, di Berlino e del Fondo monetario internazionale. Tanto che qualche economista comincia a evocare lo spettro di una ‘depressione’ in stile anni ’30. Il prodotto interno della Grecia e’ precipitato del 7,2% nel terzo trimestre dopo un -6,3% nei tre mesi precedenti.
Per l’intero anno, la Commissione Ue prevede ora un -6%, e a seguire un -4,2% nel 2013, che si prospetta come il sesto anno consecutivo di recessione per Atene. Il Portogallo si appresta a chiudere il secondo anno consecutivo in recessione, e di fatto e’ da otto trimestri consecutivi in rosso, ultimo il periodo luglio-settembre chiuso con -0,8%. Il Fmi ha da tempo rivisto le sue proiezioni, ammettendo che il moltiplicatore fiscale era stato sottovalutato. Anche la Banca centrale europea, un tempo custode del monetarismo, ha spostato l’accento su politiche di stimolo alla crescita assieme ai tagli di spesa (che andrebbero preferiti agli aumenti delle tasse). Forse non a caso, proprio oggi il commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, ha escluso nuove strette anti-deficit per la Spagna, dopo le ‘misure ingenti’ che non fanno prevedere sanzioni per Madrid che pure sforera’ sugli obiettivi di riduzione dell’indebitamento. Una ‘marcia indietro’ generale che pero’ rischia di non bastare, perche’ di fatto la recessione sta facendo saltare il percorso di riduzione del deficit e del debito dei Paesi piu’ in difficolta’.
Un dilemma, quello della strada da seguire, che deve pure fare i conti con il ‘fiscal cliff’ statunitense, la maxi-stretta fiscale da 600 miliardi di dollari che, se non disinnescata con un accordo politico, rischia di precipitare in recessione la prima economia mondiale e con essa l’intera crescita globale. E poi c’e’ l’impatto sociale, con una disoccupazione record in Europa, e che in Grecia si attesta a oltre il 25% con picchi di quasi il 60% fra i giovani: basta guardare agli scioperi in Italia, Portogallo, Grecia e Francia per capire che la bomba sociale che sta esplodendo in mezza Europa.
L’allarme rischia di suonare ancora piu’ forte domani, quando Eurostat certifichera’ probabilmente che il Pil dei 17 Paesi dell’euro e’ stato negativo anche nel terzo trimestre (ci si attende un -0,1% su trimestre e un -0,6% su anno). Anche l’Italia pubblica domani i suoi dati trimestrali: le stime degli analisti sono per un -2,9% su anno dopo il -2,6% aprile-giugno.
E la recessione lambisce Francia e Germania, le due maggiori economie dell’euro, rimaste finora immuni: per la prima ci si attende crescita zero, come nel trimestre precedente, per la Germania un ulteriore colpo di freno a +0,4% dopo il +0,5% dei mesi primaverili. Mrio Draghi, presidente della Bce, ha avvertito una settimana fa che i problemi dell’Europa stanno ‘iniziando ad avere impatto’ sull’economia tedesca. Forse il segnale che qualcosa sta per cambiare.
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