Come immaginavo il rinvio sic et simpliceter della data delle elezioni dei Comites non ha sortito alcun effetto positivo. Ciò che infatti con forza avevamo chiesto era di accompagnare questo rinvio con una riapertura dei termini per tutti gli adempimenti elettorali connessi, ivi compresa la possibilità di integrare la presentazione delle liste, in quanto ciò che ci spingeva era la volontà di far sì che una decisione, presa in fretta e furia, non pregiudicasse l’alto valore democratico di quelle consultazioni.
Sul punto i nostri interlocutori istituzionali si sono dimostrati assolutamente sordi e anche poco lungimiranti. Si è infatti ritenuto di continuare a percorrere una strada che garantisse solo i piccoli interessi di bottega o anche solo chi, essendo riuscito in tempi ristretti a presentare la propria lista, non voleva venisse consentito ad altri maggiore tempo, ma tutto ciò a scapito dell’interesse generale.
Il rinvio del voto infatti non è stato accompagnato nè da una formale riapertura di tutti i termini, ma neanche da una vera ed efficace campagna di sensibilizzazione ed informazione dei nostri connazionali all’estero, e quindi oltre all’inutilità solo sperpero di denaro pubblico.
Sapete qual è il risultato di questa manovra di basso cabotaggio? Una partecipazione al voto che, se va bene, sarà del 5,5% circa in generale. E sfido chiunque a smentire il fatto che si tratti di un vero e proprio fallimento!
Voglio anche segnalare come la maggiore partecipazione, che alza il quorum generale, si è registrata, guarda caso, solo in realtà dove sono ben individuabili gli interessi di chi ha sempre sfruttato il mondo dell’emigrazione a fini personali o di parte. Ciò che mi preoccupa invece è che nei paesi in cui si è indirizzata la così detta nuova emigrazione, si registra una partecipazione inferiore al 2,5%, come ad esempio Londra. Ma era evidente che ciò accadesse, e lo avevamo denunciato dall’inizio, perchè la finalità di tutta questa manovra è proprio quello di delegittimare, passo dopo passo, tutte le vere indipendenti rappresentanze politiche e associazionistiche dei nostri connazionali all’estero.
Manovra questa ordita, mi dispiace dirlo, anche da una parte della diplomazia, quella eccessivamente sindacalizzata che, invece di considerare una risorsa gli organi di rappresentanza degli italiani all’estero, li ritiene solo un elemento di disturbo e di ostacolo.
Come dicevo ciò che è accaduto con i Comites è solo il primo passo di una strategia più ampia che, attraverso l’applicazione delle stesse modalità per la partecipazione al voto anche alle elezioni politiche, mira a fare della circoscrizione estero un inutile ed ininfluente feudo di organizzazioni sindacali o di qualche mercenario.
E’ infatti evidente che se il meccanismo è quello del voto su richiesta, allora saranno agevolate quelle realtà facilmente intuibili, che hanno già a disposizione i dati e i documenti di tutti i nostri connazionali in modo da agevolarne la richiesta di iscrizione alle liste elettorali.
Anche una disposizione, forse sottovalutata dai più, come quella di eliminare le spedizioni postali a tariffa agevolata per la campagna elettorale rientra in questo progetto di demolire il sistema, impedendo di fatto a chi ha un rapporto diretto con i propri elettori all’estero, e non gestito attraverso strutture organizzate e clientelari, di poter comunicare con gli stessi e dare loro tutte le informazioni necessarie.
Ed ancora, tutte le scelte e le proposte che vengono avanzate, in queste ore in tema di modalità di voto, oltre ad essere irricevibili, puntano solo a restringere sempre di più la platea degli elettori, rendendo sempre più macchinoso e difficile l’accesso al voto.
Il messaggio che si vuole fare passare è quello di guardare al voto all’estero con diffidenza, screditandolo e rendendolo inutile o appannaggio dei soliti noti organizzati in strutture clientelari.
Io non ho intenzione di stare a questo gioco o di perdere tempo a discutere di soluzioni di compromesso inaccettabili. Se questa è la direzione, cioè di far diventare il voto all’estero come un voto figlio di un dio minore, non posso che proporre l’unica soluzione possibile e razionale. Equipariamo le modalità di voto per la circoscrizione estero a quelle per le circoscrizioni italiane, mantenendo però sempre il requisito della residenza. E’ arrivato il momento che la politica per mezzo dei partiti si assuma la responsabilità di chi candidare e chi presentare ai nostri connazionali all’estero. E badate bene che non è assolutamente una semplice provocazione, ma una proposta che non avrebbe difficoltà ad essere accolta dal Parlamento.
Innanzitutto perché da un punto di vista tecnico è di facile applicazione e comporta senz’altro meno costi per lo Stato. Inoltre ha il vantaggio di dare anche maggiore trasparenza, evitando le lotte e le litigiosità all’interno dei partiti, ma soprattutto elimina la possibilità da parte di piccoli ras dell’emigrazione di gestire a loro uso e consumo il voto all’estero.
A chi crede di avere i propri santi in paradiso, portando avanti una manovra senza la necessità di confrontarsi con tutte le parti coinvolte, e che ritiene di poter indirizzare tutti sulle proprie scelte, dico che ha fatto i conti senza l’oste. Nonostante la malafede di alcuni e l’inconsapevolezza o l’ignavia di altri, siamo ancora in tempo per fermare questa inutile deriva antidemocratica che ha solo l’obiettivo di screditare e delegittimare il voto all’estero!
*senatore di Area Popolare, eletto nella ripartizione estera Europa
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