Il vizio del doping. Mai una moda, è in continuo irrefrenabile aumento tra gli sportivi amatori. Una mania, ormai. Il doping come scorciatoia, ma per arrivare dove nel mondo amatoriale? La siringa e la pillola per aggiudicarsi un prosciutto o un salame, sulla linea del traguardo. Un mondo assurdo, quello dei ciclisti cosiddetti amatori. Pochi sportivi veri, molto pochi. Un ambiente non limpido, ci si affida al doping per vincere, in una gara, in una corsa, a chi è il più forte. Non si gareggia per il piacere di andare in bicicletta; spesso gli amatori si dopano per dimostrare agli altri, e stupidamente a loro stessi, che l’orologio del tempo non si è fermato. E che si possono comunque realizzare imprese assurde, su percorsi talvolta pazzeschi e su distanze non facili da digerire. Doparsi non si dovrebbe, laddove il doping invece dilaga. Uno scandalo e un pericolo finora mai troppo considerati. Anzi assistiti da scarsa letteratura. Sparse scalpore, qualche anno fa, la positività di un ciclista amatore della Costiera Amalfitana risultato positivo a sedici sostanze proibite. Non una o due, molte di più. Si era iniettato di tutto, aveva il veleno in corpo. Controlli sempre più accurati non scoraggiano questi incoscienti signori spesso di mezza età, fanatici della corsa e del doping. Ogni tanto qualcuno resta impigliato nelle strette maglie dell’antidoping. Armamentari di sostanze proibite vengono sequestrate ad amatori in età avanzata. Una vergogna pericolosa: di doping si può anche morire, e non solo a lungo andare, quando le gambe proprio non ce la fanno più a spingere i pedali.
L’uso di sostanze vietate è largamente diffuso tra gli sportivi amatori dopo i 40 anni. Fanno di tutto gli uomini del Nas e i medici ispettori del ministero della salute, presenti sempre più spesso alle corse ciclistiche per amatori. A Santo Stefano di Camastra, sulla costa tra Messina e Palermo, uno dei capoluoghi italiani della ceramica, si sono presentati nel pieno rispetto delle regole. Una bella ceramica stefanese il premio che spettava al vincitore. Cinquecento amatori in gara, età media vicina ai 50 anni. Assistiti dagli uomini del Nas, gli ispettori avrebbero dovuto effettuare controlli antidoping. Quattro gli atleti designati; due se la sono squagliata, si sono dileguati. Il terzo, il vincitore, si è dovuto sottoporre al controllo: positivo all’epo, costoso e pericoloso ormone spesso usato dai professionisti della bicicletta. Deferito dal Coni, il vincitore baro della corsa sarà squalificato per due anni. Dovrà restituire il premio, quel famoso piatto di ceramica. Conclusione: certi amatori si dopano come i professionisti. Inaudito, semplicemente pazzesco. Certa gente con la vita ci gioca.
A Solarino aspettavano 300 concorrenti, ma non li hanno visti. Spariti, volatilizzati, a dispetto della cifra, 25 euro, pagata per l’iscrizione che dà diritto al ritiro del pettorale. Sono spariti in novanta, mai partiti e mai arrivati. Un’immagine inquietante, che induce a pensare alla presenza di un diffuso marciume nel ciclismo amatoriale. I dati lo confermano, soprattutto quelli relativi alla corse in Sicilia. A Nicosia, Enna, durante lo svolgimento della Gran Fondo della Val Demone, Nas e ispettori ministeriali sono arrivati sul traguardo molto presto. Avvisati via telefono, alcuni dei concorrenti in testa alla corsa hanno deviato improvvisamente verso stradine di collina, rendendosi irreperibili. Scomparsi anche loro. Ma come spiegare questi stretta nei controlli sulle corse ciclistiche amatoriali in Sicilia? Gli investigatori hanno cominciato a mettere gli occhi su questi dilettanti professionisti del doping da ottobre 2012, in occasione di una delle più importanti maratone ciclistiche italiane. Perché è qui, nelle Gran Fondo chiamate anche maratone, che il doping si diffonde a macchia d’oro. Le corse di lunga durata richiedono energie e fatica: i prodotti dopanti servono appunto ad alzare la soglia della resistenza. Il rischio per salute però è grave. Bene, alla maratona di Roma, appunto una delle più importanti tra quelle che si svolgono in Italia, si è imposta sul traguardo una prestigiosa architetta di Catania. Così appassionata della bicicletta, l’insospettabile architetta, al punto di trasformarsi in una ciclista di professione, a 42 anni. Almeno a Roma, per farlo, per vincere, lei colta e istruita, laureata, ha scelto di doparsi con l’Epo. La scorciatoia più usata dai dopati del ciclismo. Beccata in un controllo a sorpresa dei Nas, è stata sanzionata con due anni di squalifica. Il professore Giuseppe Barbagallo, dirigente medico ospedaliero e organizzatore di eventi di ciclismo amatoriale e presidente della sezione siciliana dell’Acsi, ha effettuato un sondaggio anonimo tra i praticanti. Lo scopo era di valutare il livello di consapevolezza verso il doping e la predisposizione a praticarlo. Il professore ha definito i risultati “semplicemente agghiaccianti”.
La piaga del doping è senza fine. Ingiustificabile e mai condivisibile a livello di sportivi professionisti, diventa un’assurda follia per quanto riguarda gli amatori. Stiamo assistendo a una drammatica escalation. Un ragusano di 44 anni, asso della mountain bike, è stato trovato in possesso di un’autentica impressionante farmacia. Quaranta confezioni di farmaci e tutto il necessario per flebo e trasfusioni. Solo nel 2012, in Sicilia, si contano dieci praticanti amatori fermati e squalificati: l’età va dai 40 ai 55 anni. Gli investigatori sospettano la presenza di un medico che opererebbe sull’isola. Un guru del doping. Anche la Sicilia, nel suo piccolo, ha il suo Eufemiano Fuents. Il ginecologo dopatore dal quale prese nome la famigerata Operacion Puerto.
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