Sarà che la crisi nel nostro Paese ancora non è finita. Sarà che in Italia non si investe in ricerca come si deve. Sarà che da noi i lavoratori, in genere, vengono sfruttati e tartassati. Tutti. Forse è per queste e altre cose che sono sempre di più i giovani italiani che scelgono, spesso loro malgrado, di lasciare l’Italia per andare all’estero in cerca di lavoro. E’ il fenomeno conosciuto come la “fuga dei cervelli”, una fuga che cresce anno dopo anno.
Secondo gli ultimi dati Istat, il fenomeno che riguarda la “mobilità intellettuale” – questa la formula usata dall’istituto di ricerca – è aumentato ulteriormente. "Tre mila dottori di ricerca del 2008 e 2010 (il 12,9%) vivono abitualmente all’estero", spiega l’Istat nel rapporto annuale, sottolineando: "La mobilità’ verso l’estero è superiore di quasi sei punti a quella della precedente indagine (7% dei dottori di ricerca delle coorti 2004 e 2006)”. E a partire sono più gli uomini (16,6%) che le donne (9,9%).
Tra i laureati che partono migrano soprattutto i dottori di ricerca nelle scienze fisiche (31,5%) e nelle scienze matematiche o informatiche (22,4%), molto meno quelli con dottorato in scienze giuridiche (7,5%). I motivi che spingono gli italiani ad andare all’estero sono le maggiori opportunità di lavoro, più qualificato e meglio retribuito secondo l’85% degli intervistati.
In effetti il reddito è decisamente più elevato per chi lavora all’estero (750 euro in più per la coorte del 2008 e 830 euro per la coorte 2010). Inoltre è maggiore la quota di coloro che trovano un’occupazione consona al percorso formativo svolto. Chi risiede in Italia trova un’occupazione in professioni intellettuali nell’85,2% dei casi per coloro che vanno all’estero la percentuale sale al 91,2%.
Ancora una volta è il Regno Unito ad attrarre i nostri giovani in misura maggiore (16,3%), seguono Stati Uniti 15,7%, Francia 14,2%, Germania 11,4% e Svizzera 8,9%.
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