Quello sulla personalizzazione del referendum "e’ un dibattito riduttivo. Lo dico anche a D’Alema: se dopo due anni di lavori parlamentari e dopo sei letture che hanno approvato le riforme, la volonta’ del popolo dovesse essere quella di bocciarle sarebbe il Parlamento intero ad essere sfiduciato dagli elettori e non solo il presidente del Consiglio". Cosi’ il presidente dei senatori del Partito democratico, Luigi Zanda, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore.
"Costituzione e legge elettorale sono collegate, ma restano su due piani diversi. La Costituzione del ’48, che e’ in vigore, e’ stata abbinata a leggi elettorali iperproporzionali e a leggi elettorali maggioritarie come era il Mattarellum. Ne’ vale il ragionamento che l’autoritarismo deriverebbe dal fatto che con la riforma e’ la sola Camera dei deputati a dare la fiducia al governo – spiega Zanda – il Senato non e’ mai stato pensato come un controllo in piu’: Camera e Senato hanno sempre avuto la stessa maggioranza sino al Porcellum, voluto da Berlusconi, la malattia che ha mandato in cortocircuito il sistema".
La riforma costituzionale su cui sono chiamati gli italiani ad esprimersi in autunno, "e’ largamente condivisa nelle sue linee generali anche da chi la contesta – dice il presidente dei senatori Pd – fine del bicameralismo perfetto e istituzione di un Senato dei territori, attribuzione di poteri allo Stato su grandi reti ed energia, riduzione dei parlamentari e abolizione dei rimborsi ai gruppi regionali. Non e’ vero che vengono meno le garanzie: proporre il referendum abrogativo e’ piu’ facile, le leggi di iniziativa popolare sono rese piu’ semplici, e il presidente della Repubblica e’ eletto da una maggioranza piu’ ampia cosicche’ nessun governo potra’ eleggersi il "suo" Capo dello Stato. Le modifiche costituzionali ancora da fare sono altre. Per esempio – sottolinea il capogruppo dem – serve un adeguamento della Carta alle nuove realta’ anche istituzionali europee".
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