Laura Boldrini, presidente della Camera, intervistata dal Fatto Quotidiano spiega che l’Italia dovrebbe proporre una conferenza di mediazione internazionale sulla Libia e dovrebbe prendere la guida dello sforzo di soluzione della crisi libica a livello politico e diplomatico, organizzare una conferenza di pace che abbia come obiettivo la formazione in Libia d’un governo d’unità nazionale, piuttosto che guidare un’operazione militare dai contorni tuttora troppo incerti per poterne al momento valutare la fattibilità, l’efficacia, l’impatto.
L’ex portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, promuove il piano Ue ma sottolinea che per valutare la missione navale che mira a ridurre le vittime in mare rendendo inutilizzabili i barconi, "bisogna prima conoscerne bene i termini operativi e i limiti fissati dalle Nazioni Unite e bisogna essere consapevoli che serve la collaborazione giudiziaria e di polizia delle autorità locali e del lavoro di intelligence che va fatto prima di ogni cosa". E, in Libia, "ci troviamo di fronte un Paese che non ha un’autorità unica. Qualsiasi intervento d’appoggio e di sostegno ha come presupposto che si arrivi a un governo di unità nazionale". Altrimenti, il rischio è quello di azioni ostili, come il bombardamento la scorsa settimana di una nave turca. "Qui, ognuno gioca una partita e l’importante è non lasciarsi intrappolare… I proclami che arrivano da laggiù, dicendo che i terroristi del Califfato viaggiano sui barconi servono a spingerci verso una decisione muscolare… Noi dovremmo essere abbastanza maturi per capirlo".
Boldrini è chiaramente preoccupata dei potenziali "danni collaterali" d’un’azione di forza, cioè delle vittime fra migranti e profughi. E si chiede: "Quando parte, il mezzo navale è pieno di gente. Come si può intervenire? Non so come s’intenda fare, non mi pare che sia stato ancora prospettato un modus operandi… io la vedo molto difficile… In Albania, dove c’era un governo, era molto diverso…".
La presidente della Camera insiste sulla "soluzione politica": c’è un inviato del segretario generale dell’Onu, Bernardino Leon, che "è lì per trovarla" e "noi abbiamo il dovere di sostenere questo sforzo e anche d’allargare il discorso ad ambiti di collaborazione ulteriori. Una scelta diversa apre prospettive molto incerte. Un intervento nelle acque territoriali libiche sarebbe un atto di ostilità. E Tripoli non ha nessuna intenzione di collaborare".
Boldrini sottolinea anche che "il capo dello Stato, il presidente Mattarella, ha ieri detto che la soluzione in Libia è politica. Solo così si può arrivare alle radici del problema, in Siria, in Somalia, in Eritrea. Se non risolviamo le crisi subsahariane, è una pia illusione pensare che non ci saranno più migrazioni". Sostiene che bisogna "aprire una prospettiva" per i rifugiati e i migranti: "L’85% dei rifugiati vive nel sud del Mondo; in Europa e in tutti i Paesi sviluppati ci sono solo il 14% dei rifugiati riconosciuti. Ci sono Paesi come la Giordania e il Libano che, con pochi milioni di abitanti, ospitano un milione e più di profughi siriani, mentre noi l’anno scorso abbiamo avuto 170 mila arrivi (e solo 70 mila sono rimasti). Quanto ai migranti, i 20 milioni e mezzo che vivono nell’Unione europea sono me no del 10% dei 232 milioni di migranti globali. Non possiamo non prendere atto di questa realtà: se guardiamo solo al nostro cortile, perdiamo di vista fenomeno e le dimensioni".
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