Truffopoli. Malata di truffa, una certa Italia in bolletta, si dedica in pianta stabile al raggiro. Imbrogli a tutti i livelli escluso il più alto, prerogativa esclusiva di politici, assessori, portaborse, segretari di partito. I grandi specialisti della truffa, raffinati professionisti dell’imbroglio. Di norma da centinaia di migliaia di euro, quando non sono milioni uno sull’altro. Lo sport della truffa è tra gli esercizi più praticati in Italia. Biscazzieri d’alto bordo, finti gestori di scommesse sportive legali, giocatori d’azzardo cinesi padroni del gioco sporco, e falsi ciechi. Cronaca di truffe quotidiane. Fatti attuali, recenti, freschi di denuncia. La malaItalia.
Falsi ciechi all’opera, nel Molise e in Puglia, smascherati e incastrati da investigatori capaci, prudenti, pazienti. Falsi ciechi che si muovono con disinvoltura nel traffico cittadino, al supermercato, e in bicicletta. Persone normali, non disabili, che hanno goduto per anni della pensione civile. A Monopoli, in provincia di Bari, una donna di quarantasette anni ha percepito due pensioni Inps, per un totale di centottantamila euro in dieci anni. Perché due pensioni? Una per lei, l’altra in funzione dell’accompagnamento. Invalida di categoria 10, presunta cieca totale, madame ci ha marciato per due lustri. Una truffa in piena regola: ci vedeva benissimo, riusciva a destreggiarsi con rapidità e destrezza tra cassonetti dell’immondizia mal sistemati e nel traffico cittadino. Al supermercato sceglieva con cura frutta e verdura e pagava in banconote. Mai un errore, un momento d’incertezza, una defaillance. Nessuna richiesta d’aiuto, mai. Ogni tanto le capitava di uscire dal locale della spesa senza scontrino. Nessun problema: esibiva i documenti e firmava il verbale per l’infrazione commessa. Una virtuosa del raggiro. Monitorata per mesi dai carabinieri di Monopoli, presa in flagrante, dovrà restituire il maltolto all’Inps e all’Erario.
Falso cieco giocava a videopoker, in provincia di Macerata. A Roma, un suo omologo imbroglione è arrivato addirittura in caserma alla guida di un furgone. Finti orbi a Campobasso, che si aggiudica così la leadership italiana nell’ambito dello scandalo dei falsi ciechi. In questo caso due, che all’Erario hanno causato danni per oltre un milione di euro: 1.052.480, per la precisione. Hanno imbrogliato entrambi, risultando alla fine di minuziose indagini in possesso di buona vista. Uno degli imbroglioni, titolare di pensione di centottanta euro al mese, risulta allenatore di calcio. Quindi, pienamente abile, diversamente non sarebbe possibile esercitare il mestiere del tecnico. L’altro truffatore molisano godeva di milleduecento euro mensili dal 1971. Un raggiro lungo ottantuno anni.
Falsi ciechi in libera circolazione. E truffatori stanziali a Roma, in una sala di scommesse sportive di via Cairoli, all’Esquilino. In realtà un vero e proprio mini casinò. In fondo al locale c’era una stanza riservata chiusa al pubblico. L’accesso era possibile solo attraverso una porta a vetri chiusa dall’interno e controllata dal personale di servizio del locale. La location della truffa, tipo quella cinematografica nel film “La stangata” con Robert Redford. Gli agenti del commissariato Esquilino diretti dalla dottoressa Rossella Marrazzo hanno tolto i veli all’operazione truffaldina. Intorno ai tavoli, sei giocatori non italiani, cinesi con i portafogli gonfi. Il gioco d’azzardo è diventato la passione e la droga dei cinesi de Roma. Sul tavolo da gioco, carte da poker e duecentosettanta euro, robetta al primo esame. Ma alla vista dei poliziotti, i sei cinesi hanno cercato d’infilare qualcosa nelle loro tasche. Settemila euro, il risultato della successiva perquisizione. In prossimità del tavolo da gioco, una ciotola di ceramica poggiata su un’insalatiera colma di riso. Un vezzo cinese e punto? Il riso serviva per attutire il rumore dei dati. Una soluzione semplice, elementare, e insieme geniale. La sala riservata al gruppo truffaldino era dotata di ogni soluzione a protezione dei giocatori illegali. Uno schermo appeso alla parte proiettava immagini dalle telecamere del circuito di sorveglianza, dalla zona aperta al pubblico e all’ingresso. Lo scopo era di monitorare eventuali irruzione di agenti delle forze dell’ordine e i controlli di polizia. Al vertice della truffa operava una donna. La titolare dell’esercizio, ora non più autorizzato alla raccolta di scommesse: gli sarà revocata l’autorizzazione, come pure l’installazione di congegni elettronici. All’interno dell’ufficio della signora truffa, un armadio che ha destato immediatamente i sospetti degli agenti del commissariato Esquilino. L’ispezione ha evidenziato l’esistenza di mazzi di carte, fiches, dadi, un sabot, e tredicimila euro. Richiesta di spiegazioni, la titolare ha fornito informazioni fumose e contraddittorie. Spiegazioni improbabili, inattendibili; inequivocabile invece la presenza nell’armadio di un assegno di diecimila euro e ventimila euro suddivisi in mazzette, all’interno della scatola. Denunciati i sei cinesi, la titolare e un’altra persona: per tutti l’accusa di reato favoreggiamento e partecipazione al gioco d’azzardo. Il punto Snai è stato sottoposto a sequestro, come pure i cinquantamila euro trovati qua e là, sparsi nella sala riservata della truffa.
Quando italiani imbroglioni e cinesi malati per il gioco d’azzardo si mettono insieme, la truffa è sicura e pesante. Questo Paese è diventato l’Italia. Non bastavano i nostri lestofanti, falsi ciechi e biscazzieri: ne abbiamo importati tanti anche dall’estero. E non solo cinesi.
Discussione su questo articolo