Roma – L’ironia della sorte. Tra i paesi più indebitati al mondo, Italia e Stati Uniti condividono questo singolare quanto preoccupante primato ma, mentre Oltreoceano si decide di far sacrificare i più ricchi, nel Bel Paese si innalza l’Iva. Chi ha ragione? Lo abbiamo chiesto al deputato Pdl Amato Berardi. Eletto nella ripartizione estera Nord e Centro America, il parlamentare viene da una carriera imprenditoriale nel ramo assicurativo, conosce entrambe le economie e propone una visione globale di una crisi che, in realtà, andrebbe risolta partendo dal basso.
Onorevole Berardi, lei conosce sia l’economia italiana che quella statunitense. Come interpreta le diverse mosse per combattere la crisi?
"Per ripartire – spiega il deputato a ItaliaChiamaItalia – bisogna dare gli incentivi alle piccole e medie imprese, creare posti di lavoro e ridurre l’Iva, non innalzarla. Lo sviluppo economico parte dalle Pmi, che rappresentano il 90 per cento dell’economia globale; fece bene il governo Usa quando tagliò le tasse sui piccoli imprenditori".
Dobbiamo ispirarci a Obama?
"Obama fa bene a puntare sulla fetta meno bisognosa, ma non sarà questo a portare un aumento dell’economia, anzi. Gli incentivi fiscali di Obama aiutano più le multinazionali che le Pmi, i grandi gruppi possono guadagnare facendo affari con l’economia dei paesi emergenti".
Ha ragione Emma Marcegaglia, quando dice che nella manovra del Governo non ci sono misure per la crescita?
"Anche la Marcegaglia ha un concetto diverso dal mio, io punto sulla riduzione delle tasse e della burocrazia, su maggiore flessibilità lavorativa, in modo tale che una società possa impiegare il personale in maniera stabile, ma senza avere la paura di non poterlo licenziare qualora sia indispensabile farlo".
Criticando l’innalzamento dell’Iva sta apertamente contestando la manovra…
"Per lo sviluppo economico globale bisogna creare lavoro e occupazione, oggi ci sono nuovi paesi emergenti come Brasile o Cina e noi non possiamo rimanere indietro, se non diamo gli incentivi la situazione diventa peggiore che nel ’29".
La sua è una visione pessimista che contrasta con quella del governo…
"Sono realista, questa manovra non crea posti di lavoro. Qui in Italia servono riforme finanziarie e della giustizia perché ormai le multinazionali non aprono più sedi nel BelPaese".
Che c’entra la giustizia con gli imprenditori?
"C’è troppa burocrazia e troppa lentezza nel sistema giudiziario, esistono aziende che hanno milioni di euro fermi in attesa della sentenza di un giudice o per i controlli dell’agenzia delle entrate, tutto questo porta anche al mancato versamento degli stipendi ai dipendenti, continuiamo così e le aziende chiuderanno le sedi italiane".
Cambiamo argomento, ma rimaniamo in America. Lei ha organizzato una fiaccolata in memoria dell’11 settembre. Che cosa significa celebrare questa tragedia nello stesso anno in cui è stato catturato e ucciso Bin Laden?
"È stato certamente un anno molto particolare, ma la memoria non si cancella, anche se hanno ucciso Bin Laden. Ben 3.900 persone hanno dato la loro vita per la libertà del mondo, non solo gli Usa ma il mondo intero ha sofferto, è cambiato il sistema di vivere e il modo di viaggiare".
La fiaccolata ha registrato una sentita partecipazione?
"La fiaccolata è stata molto partecipata e sentita, ma anche commovente. Era presente anche un superstite che è rimasto per tre giorni sotto le macerie e che ora vive in Italia".
In una recente visita alla Farnesina ha ribadito la sua volontà nel voler scongiurare la chiusura delle reti consolari di Philadelphia e Detroit. Vista la crisi, non sarebbe il caso di risparmiare?
"Non si tratta di risparmio, perché queste reti abbracciano otto stati con 213 aziende italiane tra cui l’Augusta Westland con 1.200 impiegati, vengono rilasciati oltre 11mila visti l’anno tra cui anche quelli degli studenti che vengono in Italia; a Detroit ora c’è il gruppo Fiat e il consolato serve anche per tutti gli operai. Posso dire che questi consolati non rischiano più la chiusura anche perché si sostengono e autofinanziano prendendo un contributo sul rinnovo passaporti e visti".
Non possono almeno essere sostituiti da altre forme di presenza sul territorio?
"Bisogna ridurre la burocrazia e prendere gente locale a lavorare in questi consolati. È inutile che vengano persone che non conoscono il territorio".
La proposta Calderoli di abolire la circoscrizione estero non è passata. Il governo è tornato autonomamente sui suoi passi o lo avete dovuto convincere a fatica?
"Era assurdo abolire la circoscrizione estero. La decisione del governo è stata autonoma, noi eletti abbiamo fatto pressing e gli abbiamo spiegato l’importanza del voto estero".
Se i consolati non si possono toccare e gli eletti nemmeno, dove si può tagliare sulla spesa estera?
"Tagliamo le ambasciate in Europa, non servono più. I nostri ministri si incontrano ogni settimana e quindi gli ambasciatori sono diventati inutili. Washington non ha mica un ambasciatore in California".
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