"I gufi… il loro obiettivo è sconfiggerci. Il nostro, cambiare l’Italia. Ecco perché le posso assicurare che con maggior determinazione di prima si va avanti. Gli italiani possono smettere di fidarsi di me se ne hanno voglia, anche se per il momento non mi risulta. Ma quello di cui non possono accusarci è la mancanza di chiarezza. La nostra scommessa è: cambiare le regole del gioco. Costituzione e legge elettorale. Avere un profilo più marcatamente mediterraneo e africano nella politica estera. Un grande investimento su cultura ed educazione. E un’operazione sulla spending. Ecco, con questi cinque punti la politica torna ad essere degna di questo nome". Lo afferma il presidente del Consiglio Matteo Renzi in una intervista al Messaggero.
"Mi sta a cuore che passi il messaggio dell’accelerazione delle riforme. Il punto vero oggi sarebbe: vogliamo aprire una discussione intorno all’Europa? L’Italia la può fare soltanto se si presenta al tavolo europeo dicendo: signori, noi il cantiere sulla giustizia civile l’abbiamo aperto, sul fisco idem, sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione pure. Abbiamo cominciato a spendere bene i fondi europei. Sulla cultura abbiamo smesso di buttare via i soldi e li investiamo per crescere. Se facciamo questo, siamo credibili altrimenti sono parole al vento". Una "operazione tenacia" la definisce il premier che, sostiene, "se fosse stata facile, non ci saremmo noi ora qui".
Il premier commenta il calo del Pil: "Il dato è negativo, certo. Bene: vuol dire che noi lavoreremo di più. La grande chance è trasformare questo numero in occasione di accelerazione delle riforme. I collaboratori qui a palazzo Chigi e i parlamentari giustamente mi dicono: Matteo, ma stiamo già correndo tanto! E non posso dar loro torto. I parlamentari si lamentano di un eccesso di provvedimenti in aula. Ebbene, rispondo che semmai, dopo questi risultati economici, dobbiamo accelerare ancora di più". "Dobbiamo fare un lavoro serio – prosegue il premier – per rimetterci in ordine con i conti e andare in pari". E aggiunge: "Nonostante la fama che ho di essere uno molto, come dire, rapido, sono in realtà molto metodico. Abbiamo scelto di metter mano per prima cosa al Senato, poi la legge elettorale e le altre riforme che stanno andando avanti, dalla competitività al lavoro, i 108 mila posti di lavoro in più tra maggio e giugno… tutta roba di cui non si parla. Tutte le discussioni sui macrotemi, il dibattito europeo, il taglia-debiti, invece oggi non sono all’ordine del giorno. Se oggi dico alla classe dirigente italiana che il problema è l’Europa o il taglia-debito, questa non farà quello che va fatto, ovvero rimettere a posto il paese".
"Questo dato della crescita evidentemente ha una ricaduta in termini di costruzione del bilancio che però sostanzialmente è azzerata dal risparmio che abbiamo sui titoli di Stato: più o meno stiamo lì. Quindi non esiste un problema economico. E’ questo è il motivo per cui non c’è una manovra in vista".
Il premier evidenzia che "siamo partiti che avevamo lo spread a 200 e da una situazione di Pil a -1,8, quelli sì che erano dati negativi. Oggi siamo a un Pil che è a -0,3 mentre ci aspettavamo più o meno un +0,5 per chiudere allo 0,8%. Riusciremo a vedere dei segnali positivi? E’ presto per dirlo. Però il punto centrale per noi è non toccare minimamente la manovra di bilancio di quest’anno, a proposito della quale ricordo che abbiamo fatto un taglio delle tasse. Per la prima volta, ripeto, si sono tagliate le tasse. Ancora non se ne vedono i risultati? Questi dati vanno fino a giugno: comprendono appena un mese di bonus e l’abbassamento dell’Irap neppure c’era. I famosi 80 euro valgono per un sesto appena".
“C’è stata la settimana del canguro, la scorsa quella del gufo, la prossima sarà dello sciacallo… E va bene, alla fine di questa estate zoologica a me preme che aumenti il numero degli occupati". "Sono 5 mesi che siamo qua e sono 5 mesi che stiamo dicendo che con le buone o con le cattive noi questo paese lo prendiamo per mano e lo portiamo fuori dalla crisi. Io, senza farmi prendere dall’angoscia o dall’ansia, dico: il quadro non è semplice, perché ci sono l’Ucraina e la Russia, perché c’è il Medioriente che sta come sta, perché hai la Libia, la Siria, l’Iraq… E pur tuttavia ce la faremo".
"La flessibilità che ci spetta noi ce la prendiamo, nel rispetto dei limiti del 3%. Nei prossimi mesi dall’Europa ci aspettiamo solo notizie positive dal momento che Juncker ci ha spiegato nel dettaglio che lui farà un piano da 300 miliardi e la Banca centrale ha fatto un’operazione da 200 miliardi di euro".
Il premier Matteo Renzi esclude conseguenze negative sugli investimenti stranieri dalla notizia del calo del Pil: "Non sono molto preoccupato perché i soggetti stranieri stanno investendo molto in Italia, e continueranno a farlo non per farci un piacere ma perché è conveniente. E quando sarà finalmente operativo a 360 gradi tutto il pacchetto di riforme, l’Italia sarà il paese leader dell’Eurozona e non un problema dell’Eurozona". Inoltre sottolinea che "verrà il primo ministro di Pechino qui il 16 ottobre per firmare una serie di intese. Ci sono interessi cinesi anche per Termini Imerese, indiani per Taranto e Piombino. Ci sono interessi di varie nazioni, a partire da una cordata italoamericana per il Sulcis e per Gela. C’è una domanda internazionale forte che non viene gelata dal -0,3% del Pil. La mia scommessa è che questo dato non blocchi gli investimenti, ma sblocchi ancor più semmai le riforme". E ribadisce: "Io so che la scelta che abbiamo fatto, la ribadiamo e anzi la rilanciamo con più forza".
"I senatori di maggioranza son pronti al cambiamento, non tutti evidentemente lo sono. Il tentativo di ostruzionismo domato al Senato è un’altra faccia dei facchini dell’Alitalia o delle resistenze dei grand commis della P.A.. E’ l’idea che si possa cambiare stando fermi. Io non la penso così, e quindi si dimezzano anche i permessi ai sindacati. Vogliono ricorrere all’Europa? Ricorrano pure, anzi corrano. Noi non ci stanchiamo". "Più che ragionare di liberalizzazioni penso si debba discutere di minore rendita. I primi che stanno rinunciando al potere di rendita sono i senatori della maggioranza, che da 15 giorni sono chiusi in quel palazzo sfidando un dissenso espresso talora con modalità inaccettabili proprio per affermare la fine del potere di rendita della politica. Quando lo fanno i politici per primi, allora puoi andare dal dirigente pubblico a dirgli che metti un tetto al suo stipendio, o dall’azienda privata e dire che il sussidio garantito di Stato non c’è più…". E, sollecitato ad esprime una critica sulla azione del governo, il premier risponde: "Una? Dieci, cento! Sicuramente il coordinamento parlamentare dei decreti ha lasciato molto a desiderare, certamente per responsabilità mia, non so se più come premier o come segretario del Pd".
Perché non abolire del tutto il Senato? "Un sistema istituzionale non si disegna con la logica del gratta e vinci". "Io semplifico nella comunicazione, ma vengo da una cultura politica per la quale le istituzioni non sono alla mercé del primo che passa. Nel progetto del Senato c’è un’idea politica forte: la convinzione che al paese serva una vera Camera delle autonomie. Noi non abbiamo vinto le elezioni del 25 maggio con un messaggio semplicistico ma di speranza su un nuovo modello di Italia che funziona. Questo è il cambio della sinistra che si preoccupa di essere non populista ma popolare".
Quanto rischia l’Italicum di assomigliare al Porcellum? "Quanto la Coca Cola e il Barolo" risponde il premier Matteo Renzi. "Se ci fosse stato l’Italicum si sarebbe saputo subito chi aveva vinto tra Bersani, Berlusconi e Grillo. Con l’Italicum c’è un rapporto diretto tra elettore ed eletto: se non si mettono le preferenze sulla scheda ci sono solo quattro nomi, se si mettono accanto al capolista fisso poi sceglierà l’elettore chi altro vuole". E aggiunge di credere che alla fine le preferenze ci saranno: "Io penso e spero di sì".
"La spending review è ontologicamente una questione politica. E’ un problema di serietà del racconto", "la spending non può essere affidata a un soggetto esterno che viene chiamato come una sorta di demiurgo a sistemare il bilancio dello Stato. La spending nasce da ciascuno di noi". Così Renzi replica a Cottarelli il quale sostiene che Palazzo Chigi frenerebbe sulla pubblicazione dei 25 dossier da lui consegnati: "Palazzo Chigi di scomodo ha poco. Quei 25 rapporti… a proposito ce li hanno consegnati poi? Perché io non li ho ancora visti…".
"Io credo di trovarmi in una condizione per cui mi si può accusare di tutto meno che di captatio benevolentiae verso qualche categoria o gruppo di interessi. Tra quattro giorni o quattro anni posso andare a casa anche per sempre. Quello che non posso fare è fallire l’occasione di cambiare l’Italia. Per questo non mi pongo assolutamente il problema che così rischio di scontentare qualcuno. Sulla cosiddetta quota 96 siamo intervenuti ben sapendo che avremmo scontentato qualcuno", "quando palazzo Chigi si è accorto di questa storia, l’ha bloccata. Chiusa la storia. Questa è la verità dei fatti. II rapporto con Padoan è ottimo, andiamo nella stessa direzione".
"Se ci sono singoli argomenti su cui sono d’accordo, ben venga, ma mi sembra difficile" un appoggio di Silvio Berlusconi sui temi economici. Il premier sottolinea che un’ipotesi di appoggio esterno di Forza Italia "non è in discussione. E peraltro questo tipo di ragionamento nega il valore civile, sociale, politico e culturale dell’operazione sulle regole, che ha un senso proprio nel momento in cui ci riconosciamo avversari politici". Inoltre evidenzia che da parte di Forza Italia anche "sulla giustizia ho capito che non c’è un grande entusiasmo sul nostro piano di riforma. Quello che c’è è però un grande fatto politico: le riforme istituzionali si provano a fare insieme. Un fatto di civiltà del Paese".
I nostri marò in India? "Stimo molto il nuovo premier indiano e credo che l’India e l’Italia insieme abbiamo il dovere e il diritto di riconoscersi partner e lavorare insieme".
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