Si fa presto a dire “viva la Repubblica!”. Si fa presto. 2 giugno, evviva l’Italia! Ma evviva cosa? Questa Italia disperata? Questa Italia tanto bella quando martoriata da una politica che, in maniera trasversale, si è mangiata il futuro dei giovani d’oggi e di quelli che verranno? Un Paese, il nostro, da cui oggi, come 50 anni fa, chi può fugge, per raggiungere altre mete, altri mondi, in cerca di quelle possibilità, quelle opportunità che lo Stivale non è in grado di offrire.
La Patria, sei davvero tu Italia? Sei tu quel posto in cui poter dire “mi sento a casa”? Gli italiani non lo sanno più. Sempre più stranieri nel proprio Paese, sempre più italiani all’estero in cerca di fortuna. 2 giugno per dire cosa? Che in fondo si è italiani anche quando tutto sembra andare in malora? Anche quando lavoro non ce n’è, quando la gente si ammazza perché non sa come tirare avanti, quando ogni giorno chiudono decine di imprese? Che in fondo siamo italiani anche quando i nostri due marò sono ancora in India, Paese straniero, e noi non siamo stati capaci finora di riportarli a casa?
Il 2 giugno con uno sguardo al passato: per dire che la Repubblica ci ha salvato da un destino di sudditi e ci ha reso cittadini consapevoli e responsabili. Per dire che la Nazione unita e’ riuscita a superare momenti difficili e a concorrere a suo tempo allo sviluppo europeo con la dignita’ della propria economia. Ma quanta amarezza oggi nel guardare al futuro, quanta poca speranza di tornare a crescere e di poter continuare a competere in un mondo globalizzato! A sentire Napolitano e le sue parole di saggezza e di sprone alla nazione, viene da pensare che anche questa volta ce la faremo, e che il prossimo 2 Giugno festeggeremo la rinascita. Ma dovranno cambiare molte cose. Non sarà più un Viva l’Italia in ogni caso e a prescindere. Troppo spesso abbiamo sentito il bisogno di cambiare aria. E se oggi prevalgono disillusione e scoramento nel vedere il BelPaese e le sue classi dirigenziali in caduta libera, incapaci di riattivare i motori, sentiamo dentro di noi che sapremo tornare ad essere italiani da eccellenza, come vorremmo, come ci siamo sempre sentiti. Ma siamo davvero disposti a fare i sacrifici necessari, ancora una volta, per raggiungere l’obiettivo?
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