"Dopo il voto di ieri la maggioranza è più forte e più coesa. Useremo questa forza per accelerare sul programma di governo". Enrico Letta, poche ore dopo il voto di fiducia del Senato sulla legge di stabilità convoca la stampa e afferma con sicurezza che dall’uscita di Forza Italia il suo esecutivo ha solo da guadagnare. Nessun rimpasto in vista, "a parte per quei membri del governo che aderiranno al partito di Berlusconi e che spero trarranno le conseguenze di questa scelta", ma la sensazione è che ci si trovi comunque davanti a una svolta. Il Partito democratico accresce di molto il suo peso specifico nella maggioranza e lo farà notare al premier nelle consultazioni che avvierà appena dopo le primarie dell’8 dicembre.
I tre candidati alla segreteria del Pd, pur con dei distinguo, hanno chiesto a più riprese un cambio di passo e ora le condizioni sembrano esserci. Il potere contrattuale di Berlusconi è svanito, Alfano ha tutti gli interessi a tenersi stretta la sua posizione di vicepremier con il controllo di cinque ministeri, Letta ha come obiettivo dichiarato il semestre di presidenza europeo nella secondo metà del 2014. Archiviato il voto sulla legge di stabilità e sulla decadenza del Cavaliere da senatore, per l’esecutivo le sfide saranno soprattutto su due fronti: quello economico e quello istituzionale. Lo stesso Matteo Renzi, principale candidato a guidare il Pd dal 9 dicembre, ha fatto capire che saranno questi i due filoni su cui puntare per portare a casa risultati concreti da rivendicare nello scontro comunicativo con Grillo e Berlusconi, ora entrambi all’opposizione e fuori dal Parlamento.
Quindi no all’innalzamento delle tasse, recupero di risorse per lavoratori e imprese, un grande piano per il lavoro anche per stimolare gli investimenti stranieri. Al tempo stesso, accanto all’azione del governo per combattere gli effetti della crisi, il Parlamento sarà chiamato ad accelerare sulle riforme istituzionali, legge elettorale in primis. Prima dell’8 dicembre il sindaco di Firenze ufficializzerà la sua proposta, che però è già stata in parte svelata: maggioritario, impostazione bipolare, preferibilmente doppio turno.
Insomma, una legge "per cui il giorno delle elezioni si sa chi ha vinto e chi vince governa per cinque anni". Semplificando, la legge elettorale dei sindaci. In attesa dei dettagli, però, sono già emerse tutte le differenze di vedute all’interno del Pd, sia sul merito, sia sul metodo.
Renzi vuole portare la riforma alla Camera, dove i democratici la possano approvare senza problemi, per poi andare a scoprire le carte (soprattutto quelle dei grillini) al Senato. Una strategia di rottura che fino ad oggi ha incontrato l’opposizione dell’ala ‘governista’ del Pd, più propensa alla ricerca di una mediazione parlamentare. L’impressione, però, è che le posizioni tenute fino ad oggi siano tutt’altro che granitiche e che il nuovo assetto della maggioranza possa cambiare, e anche di molto, le carte in tavola. Anna Finocchiaro, non certo la principale sostenitrice di Matteo Renzi, oggi ha lanciato un appello a Letta: "Ora il governo cambi strategia e stili una nuova agenda di priorità per il Paese".
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