Il meccanismo delle cooperazioni rafforzate e’ stato ideato per superare l’impasse determinato piu’ volte in passato dall’obbligo di dover sempre e comunque procedere a 27, cioe’ con l’adesione di tutti i Paesi dell’Ue, sulla strada di una maggiore integrazione. Questa procedura, secondo quanto prevede il Trattato di Lisbona, puo’ ora essere lanciata sia per iniziative in campo economico che per quelle inerenti la politica estera e di sicurezza comune, la difesa e la giustizia. Ed e’ un modo per istituzionalizzare la creazione, in alcuni casi, di una Unione a due o piu’ velocita’ senza creare fratture interne insanabili. I Paesi che non aderiscono al gruppo di testa possono infatti sempre chiedere di unirsi agli altri in un secondo momento.
Ma le regole per l’avvio della procedura di cooperazione rafforzata cambiano a seconda della materia. Quando si decide di andare avanti in formazione ‘ristretta’ sulla strada dell’integrazione economica, i Paesi coinvolti devono essere almeno nove. Una volta d’accordo, questa pattuglia di Stati membri chiede alla Commissione europea di presentare una proposta al Consiglio, al quale spetta l’approvazione finale dopo aver ottenuto il via libera del Parlamento. Per poter essere avviata, la cooperazione rafforzata non deve danneggiare ne’ il mercato unico ne’ la coesione economica e sociale.
Da quando e’ entrato in vigore il Trattato di Lisbona sono stati due i casi in cui il meccanismo e’ entrato in gioco sul fronte economico-finanziario. Il primo ha riguardato la creazione del brevetto unico Ue. Italia e Spagna, denunciando una discriminazione linguistica, ne sono rimaste fuori e hanno presentato ricorso alla Corte di giustizia Ue per presunto danno al mercato unico. Il secondo caso riguarda la tassa sulle transazioni finanziarie, la cosiddetta Tobin Tax: un gruppo di 11 Paesi, tra cui l’Italia, ha da poco deciso di andare avanti verso la sua adozione senza ulteriori indugi.
































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