Sembrava aver perso terreno anche al nord, soppiantata dalla ‘ndrangheta e dalle sue pesanti infiltrazioni in Lombardia, documentate dalle recenti indagini. In realta’, come dimostrato dall’inchiesta che oggi ha portato in carcere, tra gli altri, la figlia e il genero di Vittorio Mangano, la mafia siciliana non ha mollato la sua storica presa su Milano, usando come ‘biglietto da visita’ proprio il cognome dell’ex "stalliere di Arcore". E’ entrata nel "sistema" delle cooperative di logistica e servizi e si e’ espansa "nel tessuto economico", stringendo anche un patto con le organizzazioni calabresi. E proprio come queste ultime si e’ creata un ”capitale sociale” costituito anche da ”esponenti politici”.
Dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano Stefania Donadeo, su richiesta dei pm Marcello Tatangelo e Alessandra Dolci, emerge, infatti, una storia criminale che va dai mandamenti di Pagliarelli e Porta Nuova, cui apparteneva Vittorio Mangano, fino all’eredita’ raccolta per conto delle cosche di Cosa Nostra dalla figlia Cinzia, dal marito dell’altra figlia Loredana, Enrico Di Grusa, e da Giuseppe Porto ”tra coloro – come scrive il gip – che portarono la bara di Mangano” nel 2000. Una succursale della mafia siciliana a Milano, attiva gia’ negli anni ’90, e che avrebbe continuato a operare in tutti questi anni. ”Noi non dobbiamo dimostrare niente, non abbiamo bisogno di presentazioni”, dice intercettata Cinzia Mangano. E questo perche’, come spiega il gip, bastava ”l’autorevolezza del nome” Mangano per esercitare ”l’intimidazione” mafiosa e non c’era bisogno della ”violenza fisica” perche’ le vittime – tra loro tanti ”imprenditori lombardi” – sapevano ”bene chi sono e cosa rappresentano Pino Porto, Cinzia la figlia di Vittorio” e il genero. A cio’ si devono aggiungere i rapporti stretti con la ‘ndrangheta dei Morabito, da decenni ormai stanziata a Milano. Tanto che, scrive il gip, Alberto Chilla’, uno degli arrestati, ”non parla delle sue societa’ o di quelle di Pino Porto” ma, intercettato, usa l’espressione la ”nostra roba” coinvolgendo negli affari ”anche Salvatore Morabito”. Inoltre, ”pur non essendovi tra gli scopi contestati all’associazione” mafiosa anche il voto di scambio, scrive il gip, ”sono emersi rapporti tra Pino Porto e diversi soggetti che, in vista delle elezioni, a lui si rivolgono per ottenere un aiuto nelle imminenti consultazioni elettorali”.
Relazioni che, secondo il gip, sono ”una sorta di investimento che portera’ l’esponente politico a essere riconoscente per l’aiuto richiesto e ottenuto”. Cosi’ saltano fuori i contatti tra Porto e Gianni Lastella, ex finanziere, candidato consigliere Pdl per il Comune di Milano nel 2011 (non eletto) e ex consulente per il Ministero per l’attuazione del programma di Governo. Poi il ”sostegno” anche a Domenico Zambetti nelle regionali lombarde del 2010: Zambetti che diventera’ assessore alla Casa nella Giunta Formigoni e sara’ arrestato in un’altra inchiesta per voto di scambio con la ‘ndrangheta e concorso esterno in associazione mafiosa. Porto in pratica, secondo il gip, nelle ”elezioni ragionali del 2010” avrebbe svolto proprio la ”funzione di collettore” e ”procacciatore” di voti. E’ una mafia, dunque, che al nord cerca di stare al passo con la ‘ndrangheta. Con qualche richiamo al passato, pero’, e qualche contrasto interno, come quando la vedova di Vittorio Mangano decise – scrive il gip – di rivolgersi direttamente ad alcuni ”uomini di onore”’ per convincere il genero Di Grusa ”a cederle una parte degli utili” incassati dall’attivita’ di gestione delle cooperative. Intanto, i primi interrogatori di garanzia sono stati fissati per domattina.
































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