Con un risultato alle urne che non e’ ne’ carne ne’ pesce, il partito socialdemocratico (Spd) riunisce domani un Congresso in formato ridotto a Berlino per sondare gli umori e vedere se e’ aria di parlare di trattative di governo con Angela Merkel o meno. Alle elezioni l’Spd ha preso il 25,7%, un risultato venduto come un successo, ma e’ stato comunque il suo secondo peggiore in assoluto.
L’obbiettivo di arrivare a un governo rosso-verde e’ sfumato e il partito si vede ora davanti all’alternativa di restare all’opposizione per altri quattro anni o di scendere a patti con la Cdu-Csu e formare una grande coalizione sotto la Merkel. Nel partito ci sono forti mal di pancia e l’orientamento e’ piuttosto contrario nel timore di venire schiacciati e di perdere ancora piu’ voti in futuro (le prime elezioni sarebbero le comunali a maggio e poi le europee). La paura di non essere piu’, a forza di perdere voti, un partito popolare e’ grande. L’obiettivo e’ di vendere cara la pelle. Vari esponenti hanno cominciato a porre condizioni e preteso di trattare alla pari (malgrado un distacco di 16 punti): loro la cancelliera ma noi vogliamo lo stesso numero di ministeri tra cui le finanze, ha detto il portavoce dell’ala conservatrice, Johannes Kahrs. La Cdu-Csu, dopo avere lanciato l’amo della disponibilita’ ad aumentare le tasse, ha innestato la marcia indietro perche’ la concessione significherebbe rimangiarsi le promesse elettorali. "Siamo contro aumenti di tasse", e’ scritto nel loro programma e anche ai comizi la promessa e’ stata ripetuta da tutti i leader come un ritornello: "mai mettere in gioco con aumenti di tasse il buon andamento dell’ economia" (Merkel). Il primo a lasciare intendere che le tasse non sarebbero piu’ un tabu’, e’ stato ieri il ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble e Hermann Groehe, il segretario generale del partito della Merkel, stando alla Bild oggi, ha parlato con i responsabili economici del partito per sondare l’iotesi di un ritocco dell’aliquota massima per i redditi alti. E’ seguita pero’ subito una smentita: "il programma elettorale resta valido al 100%, niente aumenti di tasse, il buon risultato ci da’ un forte mandato per batterci", ha detto. Nella Spd, il leader Sigmar Gabriel, piuttosto corpulento, si sta muovendo come una libellula onde evitare di dover raccogliere i cocci prima del congresso. Guai a chi blatera nel primo microfono che gli viene messo sotto il naso, ha intimato ai suoi, l’ordine e’ rinserrare le file, almeno fino a domani.
Fra fautori e contrari a una grande coalizione c’e’ chi teme il caos al congresso. La proposta di indire una consultazione fra i circa 470.000 iscritti prende corpo. Il congresso a porte chiuse con 200 delegati ruotera’ attorno alla domanda se la settimana prossima la Spd deve avviare primi colloqui con la Cdu. Per l’avvio di trattative di governo vere e proprie ci vorra’ un altro congresso. Un documento dei 35 membri della direzione potrebbe aiutare e accelerare il difficile processo decisionale. Ma che succedera’ se la consultazione fra gli iscritti dira’ no a una grande coalizione? Dovra’ dimettersi tutta la direzione, incluso Gabriel? Il segretario si sta muovendo con estrema cautela e assicura che tutte le decisioni saranno prese nella massima trasparenza. Personalmente Gabriel non si e’ sbilanciato, si sa solo che nella passata grande coalizione, quando lui era all’ambiente, andava d’accordo con la Merkel e si intendeva molto bene col leader Csu, Horst Seehofer. In una grande coalizione e’ gettonato come vice-cancelliere e ministro delle finanze.
































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