Prima di uccidersi ha incastrato con un biglietto i ‘cravattari’ che gli avevano stretto il cappio al collo. Cosi’ un anno e 3 mesi dopo il suicidio di un artigiano oppresso dai debiti a Centocelle, periferia Est di Roma, la polizia ha arrestato i due usurai che lo avrebbero ridotto cosi’. Il nome di uno di loro era stato indicato dalla vittima, Pasqualino Clotilde, 56 anni, in una lettera scritta prima di impiccarsi: per 10mila euro, questo il debito con gli strozzini, aumentato poi a dismisura con tassi d’interesse tra il 10 e il 20 per cento.
La squadra mobile dopo lunghe indagini ha arrestato con l’accusa di usura Franco Capasso e Giuseppe Maglione, 52 e 45 anni rispettivamente, incensurati, attivi soprattutto nella zona della bottega di cornici dell’artigiano suicida. Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip si trova la storia di un uomo finito nel gorgo dell’usura. Un prestito di poche migliaia di euro per far fronte alla crisi economica che cresce fino a portarlo alla disperazione. La figlia e la moglie di Clotilde hanno visto per anni Capasso e Maglione al negozio dell’artigiano a ritirare somme di denaro. Ultimamente doveva versare agli strozzini almeno 700 euro al mese. Ed era stato costretto ad aprire un conto a suo nome sul quale in realta’ erano gli usurai a movimentare grosse cifre. Le intercettazioni telefoniche hanno confermato l’attivita’ svolta dai due: Maglione in parte lavorava per Capasso e in parte in proprio.
C’erano anche altre vittime degli usurai: alcune si erano inguaiate chiedendo prestiti molto esigui, hanno accertato gli investigatori, anche do soli 1500-1800 euro, per pagare piccoli debiti. Nell’ordinanza del Gip Vilma Passamonti alcuni passaggi che sono squarci di un mondo sotterraneo. Come quel debitore che si rivolge al telefono a Capasso, intercettato, dicendo: ”A Fra’ me sto a toglie tutto…c’hai ragione perche’ c’hai ragione, ma tu non poi capi’ quello che io…”. Oppure Maglione, l’altro usuraio arrestato, che avendo ricevuto un assegno scoperto invita il firmatario a ”strigne il brodo (letteralmente: ”stringere il brodo”, non tirarla per le lunghe). E ancora Capasso, a una donna che gli dice di essersi venduta la casa e che saldera’ il debito in un colpo solo, risponde: ”Stefa’…Stefa’…io ste cose per telefono me danno fastidio”. Una precauzione ormai inutile. La traccia lasciata dall’artigiano suicida alla fine l’ha portato in galera.
































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