Dopo 311 giorni di prigionia, Alberto Trentini ha visto nella sua cella il primo volto amico: l’ambasciatore italiano Giovanni de Vito è potuto entrare per la prima volta nel carcere di El Rodeo I, nello Stato di Miranda, struttura situata a circa trenta chilometri da Caracas, dove è rinchiuso il cooperante italiano il cui fermo non è mai stato sostanziato da denunce di reati.
L’ambasciatore ha incontrato insieme ad Alberto anche Mario Burlò, imprenditore torinese condannato in primo e secondo grado nel processo Carminius sulla ‘ndrangheta in Piemonte e poi assolto in Cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa, arrestato a novembre tra il Venezuela e la Colombia.
Ma il significato della visita – come ha fatto notare anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha dato la notizia a margine dell’assemblea generale dell’Onu a New York – è prettamente politica, visto che nel caso di Trentini era stata sempre negata in questi dieci mesi di prigionia.
Trentini e Burlò, si apprende, sono apparsi in buone condizioni di salute ed hanno riferito che mangiano regolarmente e hanno quotidianamente accesso all’ora d’aria; sono trattati bene dalle guardie penitenziarie; entrambi hanno riferito di essere stati presentati all’autorità giudiziaria venezuelana, insieme ad altri, tutti a vario titolo accusati degli stessi reati (in particolare terrorismo e cospirazione).
L’ambasciatore è riuscito a consegnare ad entrambi lettere da parte dei familiari e beni prima necessità.
Venezuela: Onori (Az), felice che Trentini stia bene, ora va riportato a casa
“E’ positivo che l’ambasciatore Giovanni De Vito sia riuscito a visitare Alberto Trentini e Mario Burlo’ dopo quasi un anno di detenzione in Venezuela. Il colloquio, avvenuto ieri dopo 312 giorni di prigionia, e’ un passo importante, ma arriva con un ritardo inaccettabile, in violazione dei diritti fondamentali dei nostri connazionali”. Lo dichiara la deputata di Azione Federica Onori, segretaria della Commissione Esteri.
“Siamo ancora in attesa della formalizzazione dei capi d’accusa, anche se entrambi riferiscono di essere stati presentati con presunti legami a ‘terrorismo’ e ‘cospirazione’: contestazioni generiche e spesso ingiustificate, utilizzate dal regime di Nicolas Maduro per perpetuare la repressione e il controllo sociale. In Venezuela ci sono oltre 800 prigionieri politici, molti dei quali detenuti senza processo”, ha aggiunto.
“Queste pratiche sono tipiche dei regimi autoritari e risultano inaccettabili. Trentini e Burlo’ devono poter tornare immediatamente in Italia. Il governo venezuelano deve assumersi la piena responsabilita’ delle sue azioni e restituire ai loro familiari i nostri connazionali ingiustamente detenuti”, conclude Onori.






























