Divisi o compatti e’ l’alternativa con la quale la Lega, in questo anno di trasformazioni, sembra ormai irrimediabilmente destinata a confrontarsi. Ma le diverse dichiarazioni di queste ore sull’opportunita’ di andare al voto anticipato in aprile in Lombardia, che rischiano di disorientare alleati e avversari, celano in realta’ umori piuttosto condivisi, di cui domattina il Consiglio federale convocato in via Bellerio sara’ costretto in qualche modo a tenere conto: l’accordo siglato ieri a Roma con il Pdl, per continuare insieme l’esperienza della Giunta guidata da Roberto Formigoni, e’ digerito a fatica dalla base, piu’ propensa a gesti di rottura.
Difficile dire se il federale, abbandonando la tattica della realpolitik, ‘fara’ saltare il tavolo’, come non ha escluso gia’ ieri il segretario della Lega Lombarda, Matteo Salvini, il principale sostenitore delle elezioni, che pubblicamente dice che ‘e’ finita un’era’, quella di Formigoni appunto. E’ chiaro che molti, in Lega, sperano pero’ in un segnale forte, un ultimatum o una (ulteriore) tabella di marcia forzata per il governatore, in modo da farsi trovare preparati al prossimo scandalo. Le parole di Salvini sono le piu’ rilanciate sulle pagine padane nei social network. E i commenti fioccano. ‘Non si poteva far cadere subito Formigoni? A che serve il rimpasto?’, si chiede Paolo come tanti altri. ‘Dobbiamo ragionare con il cervello, con il cuore siamo tutti d’accordo’, ha trovato la sintesi Cesare.
La spinta a mollare subito Formigoni, se si mettono in fila le voci pro e contro il proseguimento dell’alleanza in Lombardia, e’ fortissima. Con il Pdl i rapporti sono da sempre altalenanti, ma l’arresto dell’assessore Domenico Zambetti accusato di collusioni con la ‘ndrangheta proprio non va giu’ in casa Lega, dove la pulizia (simboleggiata dalle scope che hanno mandato in soffitta l’era Bossi) e’ stata valore e slogan della svolta maroniana. ‘Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo Zambetti’, hanno per esempio scritto i Giovani Padani di Varese su uno striscione esposto sul balcone della sede storica in cui e’ iscritto lo stesso Maroni. Piu’ crudo uno striscione ieri sera all’auditorium di via Corridoni a Milano, dove il leader era atteso: ‘Con la ‘ndrangheta noi non c’entriamo un cazzo’.
E’ ai microfoni aperti di Radio Padania che oggi si e’ invece parlato d’altro. Del Nobel per la pace all’Ue (in negativo). Di crisi, di banche e finanza. E anche di magistrati ‘che colpiscono le Regioni’ su ordine del centralismo. Ma Luisa, l’ascoltatrice che ne ha parlato, si chiedeva: ‘Come mai ai giudici non sono stati tagliati gli stipendi?’.
































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