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                  L’ANALISI DI DARIO RIVOLTA | Immigrazione, gli USA stanno (forse) peggio di noi

                  Chi continua a parlare di “dovere dell’accoglienza” davanti ai numeri di clandestini in arrivo sulle coste mediterranee e attraverso i Balcani non si rende conto di quel che dice

                  di Dario Rivolta
                  martedì 03 Ottobre 2023
                  in L'OPINIONE
                  Immigrazione, anche negli USA è un tema scottante

                  Immigrazione, anche negli USA è un tema scottante. REUTERS/Noah Berger (UNITED STATES)

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                  Chi continua a parlare di “dovere dell’accoglienza” davanti ai numeri di clandestini in arrivo sulle coste mediterranee e attraverso i Balcani non si rende conto di quel che dice. Che lo faccia il Papa è in qualche modo comprensibile poiché i suoi “elettori” sono, almeno potenzialmente, cittadini di tutto il mondo, ma se sono dei politici a sostenerlo dimostrano soltanto di essere degli irresponsabili.

                  Nessuno dubita che i “diversi” di ogni genere, compreso portatori di abitudini differenti, possano costituire un arricchimento culturale in ogni società. Tuttavia è anche da sempre evidente che quando questi “diversi” diventano un numero significativo in tempi e spazi relativamente ristretti, anziché un fattore positivo si trasformano in fattori di destabilizzazione sociale e di conflittualità. Anche l’integrazione diventa impossibile e l’auspicata sintesi si trasforma ben presto in un “noi” contro un “loro”.

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                  Le sommosse in Francia e gli scontri in Gran Bretagna stanno lì a dimostrarlo ma basta guardare alla storia dei fenomeni migratori passati per constatare come troppo spesso l’incontro tra culture diverse si è trasformato in scontri sanguinosi. In merito all’Italia sono affermazioni superficiali quelle di chi sostiene che da noi i numeri dei clandestini sono tuttavia irrisori. Dimenticano costoro che ciò che conta non sono le cifre assolute, bensì quanta sia la concentrazione territoriale e quali sono le reali possibilità di vera integrazione.

                  Dicevamo dell’irresponsabilità dei politici ma bisognerebbe anche aggiungere l’ipocrisia di molti di loro. La von der Leyen va e viene da Tunisi e Lampedusa rassicurando sulla solidarietà europea, ma intanto Bruxelles non aiuta concretamente. Così fanno anche Macron e la maltese Metsola, la presidente del Parlamento Europeo: entrambi parlano di collaborazione con l’Italia ma Malta non accoglie più nessuno e la Francia chiude le frontiere. Il fatto è che la “distribuzione” dei clandestini non è una soluzione di buon senso poiché il farlo non è altro che un invito a nuovi arrivi. L’unica possibilità di controllare gli ingressi in accordo alle leggi vigenti e alla doverosa difesa dei confini, è impedire le partenze abusive con ogni mezzo in modo da scoraggiare trafficanti e le partenze da Paesi con cui non esistono specifici accordi in merito.

                  Tuttavia nessuno deve illudersi che questa sia una soluzione facile e risolutiva. Quando erano gli albanesi a voler entrare in Italia abusivamente, un gruppo di nostri sommozzatori agì clandestinamente durante la notte e tolse le eliche delle navi pronte a partire (naturalmente, quando si seppe, le sinistre buoniste protestarono, sic!) ma ciò favorì il proliferare di canotti che arrivavano sulle coste pugliesi pieni di “fuggiaschi”. Fu con l’aiuto del governo di Tirana che si cominciò ad affondare anche quelle piccole imbarcazioni ancora presenti nei porti. Eppure anche quella soluzione temporanea non impedì nuovi arrivi, limitandosi a ridurne il numero. Nella rigida Svizzera, molto più piccola dell’Italia, nel solo 2022 sono arrivati ben 350.000 stranieri (gli svizzeri sono in totale poco più di 8 milioni e mezzo). È pur vero che circa 85.000 di questi ingressi riguardavano persone con un contratto di lavoro (soprattutto frontalieri) ma circa 100.000 erano rifugiati in cerca di asilo e un’altra percentuale, all’intorno 43.000 persone, era costituita da riunificazioni familiari. Il resto erano tutti clandestini.

                  Una stima dice che, ad oggi, quasi il 26% della popolazione in Svizzera ha origine o è tuttora straniera. In Svezia, Paese solitamente pacifico, tranquillo ed ospitale, il Primo Ministro ha annunciato che, per far fronte al forte aumento della criminalità coincidente con il gran numero di immigrati, ha chiesto l’aiuto dell’esercito che affiancherà la polizia.

                  Immigrazione, come regolare e contenere il fenomeno?
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                  Un esempio di come sia difficile fermare i flussi migratori incontrollati e le conseguenze che portano alle popolazioni locali ci viene dagli Stati Uniti.


                  Nell’aprile 2023 il sindaco Democratico di New York, Eric Adams, ha annunciato che il costo per assistere i nuovi arrivi è arrivato a 4,3 miliardi di dollari in due anni costringendolo a togliere almeno 1,6 miliardi da altri servizi per i cittadini. Nella sola città ben 14.000 bambini migranti erano stati iscritti nelle scuole pubbliche e, nel momento della conferenza stampa, si stimavano 200 nuovi arrivi di migranti ogni giorno. Nel resto degli Stati Uniti la situazione è più o meno simile, seppur concentrata maggiormente nelle città. In California, vista la grande presenza di migranti ispanici tra regolari e irregolari, sono sempre più numerosi coloro che rifiutano di imparare la lingua inglese e pretendono di poter continuare ad usare ufficialmente solo lo spagnolo.

                  Trump, oltre all’ormai famoso “muro” iniziato da Obama e che lui si era prefisso di completare, aveva emesso un’ordinanza detta Titolo 42 che attribuiva alla polizia di frontiera la facoltà di espellere immediatamente i migranti in Messico senza nemmeno consentire loro di chiedere asilo. Nel 2022, mentre la Titolo 42 era ancora in vigore, ben due milioni e duecentomila persone sono state fermate al confine e rispedite indietro mentre un altro milione e centomila ha comunque ottenuto un permesso temporaneo di soggiorno (libertà vigilata) con l’ordine di comparire nei tribunali dell’immigrazione (appena questi fossero stati disponibili a riceverli) affinché si valutasse il loro diritto a restare. Purtroppo, alla fine del 2022 in casi ancora in attesa di giudizio erano più di 800.000 e il numero sta sempre crescendo. Solitamente i tempi americani per l’accettazione di una richiesta di asilo richiedono più di quattro anni e nello stesso 2022 le domande accolte a livello nazionale sono state solo 22.311. Per le richieste respinte, o in attesa di sentenza definitiva, succede più o meno come in Italia: le persone restano in un limbo che ufficialmente non consente loro né di lavorare né di accedere ai servizi sociali (ma, in Italia, la sanità per loro è gratuita e senza bisogno di ticket). Questa condizione, che può durare anni, diventa un invito implicito nel migliore dei casi a fare del lavoro in nero e nel peggiore a darsi all’accattonaggio o alla delinquenza.

                  Negli USA funzionano meglio che da noi i rimpatri: Obama aveva accelerato le deportazioni di quelli che non riuscivano a sparire nel nulla e aveva intensificato i procedimenti penali contro coloro che tornavano dopo essere stati espulsi. Anche questo sistema però trovava e trova un forte impedimento nel fatto che con alcuni Stati esteri non esiste cooperazione diplomatica e quindi è impossibile restituire i clandestini ai Paesi da cui erano partiti. È il caso di Venezuela (sette milioni di persone fuggite con varie destinazioni), Cuba e Nicaragua e, nel 2022, perfino del Messico che ha rifiutato di accettare indietro la maggior parte delle persone espulse. Per gli USA, gli arrivi alla frontiera messicana hanno varie origini: i messicani e, sempre di più, haitiani, honduregni, nicaraguensi, venezuelani, guatemaltechi, salvadoregni o altri ancora.

                  Immigrati a Lampedusa
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                  Nel maggio scorso, dopo la scadenza del Titolo 42, Biden ha deciso nuove misure emesse con un atto esecutivo senza passare dal Congresso. Tale procedura ha causato contestazioni da parte dei deputati ma, per motivi diversi, ha ricevuto pure critiche dai vari gruppi umanitari che accusano le nuove procedure di violare i diritti fondamentali dei migranti e i valori morali americani.

                  Il nuovo meccanismo in merito ai flussi di immigrati consiste in tre punti: espandere i percorsi legali per l’ingresso tramite la app CBP ONE che mette a disposizione 1450 appuntamenti al giorno con i responsabili incaricati di vagliare (in linea di massima) il diritto a domandare asilo; valutazione della protezione umanitaria nei luoghi di origine anziché al confine; presunzione di ineleggibilità per l’asilo per chiunque entri negli USA illegalmente. Inoltre, un divieto di cinque anni per coloro giudicati non idonei. Per chi già si trova clandestinamente nel Paese è previsto un incremento delle espulsioni forzate (Negli ultimi mesi sono stati effettuati decine di voli di deportazione alla settimana).

                  Purtroppo anche questo meccanismo, buono sulla carta, non lo è nella pratica. La app consente davvero di ottenere gli appuntamenti previsti ma solo per una persona per volta e, spesso, i genitori e i figli non ottengono il possibile incontro contemporaneamente o qualcuno di loro non lo ottiene affatto. Inoltre, le organizzazioni dei trafficanti di uomini hanno già hackerato il sistema manomettendolo e vendono gli appuntamenti a 1000 dollari l’uno. Anche quando tutto potrebbe funzionare all’inizio, coloro che si presentano ai porti di ingresso con appuntamento CBP One non possono essere sottoposti a screening immediati perché semplicemente non ci sono abbastanza funzionari per l’esame. Questi migranti vengono allora ammessi temporaneamente nel Paese in attesa di una data di udienza che spesso è di molti anni dopo. Naturalmente nel frattempo sono relegati al limbo legale di cui dicevamo. Per cercare di accelerare i tempi l’Amministrazione ha deciso di assumere decine di nuovi giudici portando il totale nazionale a più di 600 i magistrati dedicati solo a quello.

                  Contemporaneamente, si è consentito ai cittadini statunitensi e ai residenti stranieri già legalizzati di sponsorizzare l’ingresso nel Paese di ucraini, cubani, haitiani, nicaraguensi e venezuelani in fuga da governi autoritari o stati falliti. Finora sono più di 140.000 gli ucraini entrati in USA con questo sistema e 160.000 i cittadini degli altri Paesi sopramenzionati. Anche l’idea, sposata apparentemente pure dall’Unione Europea, di istituire luoghi di esame nei Paesi d’origine è di difficile attuazione. Innanzitutto questi “uffici di mobilità sicura” devono ottenere la necessaria autorizzazione dai Paesi ospitanti e ciò è reso difficile dal timore dei rispettivi governi che tali uffici possono diventare luoghi di attrazione per migliaia di persone, locale e stranieri, con aspettative di migrazione che potrebbero non essere soddisfatte. A ciò si aggiunge che, se i potenziali richiedenti cercano di sfuggire a violenze o soperchierie di vario genere, il fatto che vogliano presentarsi in quegli uffici potrebbe suscitare violente reazioni da parte di chi li perseguita. Se, alla fine, questo progetto dovesse comunque prendere piede saranno necessari nuovo personale e tempi lunghi per la sua realizzazione.

                  Per Biden e soci la minaccia più grande a tutta questa nuova strategia resta tuttavia il numero di cause legali intentate da gruppi per i diritti civili che si oppongono ai limiti previsti nella normativa. Nel frattempo, un gruppo di governatori repubblicani ha intentato una causa contro il programma di sponsorizzazione sostenendo che la decisione di concedere una libertà condizionale umanitaria sulla base delle nazionalità viola il senso stesso della legge vigente, pensata per decisioni umanitarie caso per caso.

                  Come si può vedere, non esistono ricette infallibili per combattere o gestire i flussi migratori. Il massimo che si può fare è qualche azione deterrente che tenda a ridurre il numero degli arrivi illegali o diluirlo nel tempo.

                  Chi pensa che il fenomeno dei flussi migratori possa nel tempo diminuire si sbaglia. Le migrazioni sono comunque destinate a continuare e ad aumentare, che ci piaccia o no. Con la conseguenza di apportare maggiore conflittualità sociale che i migranti, loro malgrado, causeranno. Alle vittime di pesanti malversazioni, a coloro che corrono rischio di vita e agli attuali migranti economici stanno già cominciando ad aggiungersi coloro che fuggono dai loro Paesi a causa del cambiamento climatico (probabilmente) in corso. Una motivazione che si aggiunge alle esistenti per spiegare le motivazioni del migrare è qualcosa che si continua a sottovalutare ed è la sovrappopolazione crescente in alcune aree del mondo. Sessanta anni fa eravamo poco più di 2 miliardi sulla Terra e oggi siamo attorno agli 8 miliardi di esseri umani. Venticinque anni fa la popolazione del continente africano non arrivava a 800 milioni e oggi è già a un miliardo e 350 milioni. I demografi prevedono che prima del 2050 gli africani saranno circa 2 miliardi. Anche se il PIL generale del continente dovesse crescere, crescerà comunque sempre meno del numero dei suoi abitanti e ciò non consentirà mai la crescita del PIL per abitante. La povertà degli africani, se non si porrà un freno al loro incremento demografico non potrà diminuire e i migranti economici aumenteranno.

                  Non c’è dunque soluzione a quella che sta diventando una vera e propria invasione verso le aree più benestanti? Non è possibile “importare” solo il numero di lavoratori che ci servono, magari permettendo il “diritto di ricongiungimento” con i loro familiari più stretti?

                  L’Australia sta provando a pagare un piccolo Stato su un’isola sperduta affinché custodisca indefinitamente gli arrivati non richiesti e non desiderati fino a che non saranno provate le motivazioni umanitarie addotte dai migranti. La Gran Bretagna ha pensato qualcosa di simile ma i tribunali hanno giudicato questa proposta immorale. Un buontempone leghista è arrivato a proporre di trasferire tutti gli abitanti di Lampedusa in Sicilia lasciando la piccola isola come luogo di raccolta di tutti i clandestini in attesa di valutazione della loro ammissibilità in Italia o di deportazione nel Paese di origine.

                  Un’altra soluzione ventilata sarebbe la chiusura totale delle frontiere per chi non sia dotato di un regolare visto di ingresso, qualunque sia la loro motivazione. Per attuare questa ipotesi sarebbe però necessario modificare almeno la nostra Costituzione che prevede:” Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha il diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge” (art. 10 comma 3). A ben vedere, se tale norma dovesse essere presa alla lettera (deputati della sinistra ci provarono con una proposta di legge all’inizio degli anni 2000 che eliminava la frase dopo l’ultima virgola, fortunatamente respinta) l’Italia dovrebbe aprirsi alle popolazioni di due terzi del mondo.

                  Altre soluzioni praticabili potrebbero esistere ma non si conoscono. L’alternativa che resta è di accettare l’idea che la nostra società diventi veramente multiculturale e multietnica, con tutti i conflitti sociali che per molti anni, magari un secolo, la attanaglieranno.

                  Un amico intellettuale mi sottolinea che migrazioni di essere umani, di animali e di specie vegetali sono sempre state una costante nella storia del nostro pianeta. È vero, ma confesso che la cosa non mi consola quando penso, per fare un esempio non esaustivo, cosa successe a causa delle migrazioni europee alle popolazioni autoctone dell’America del Nord e a quelle del Sud.

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