A quattro gare dalla fine del Mondiale e con Sebastian Vettel avanti 90 punti su Fernando Alonso nella classifica piloti, in casa Ferrari e’ tempo di bilanci. E di rispondere alle critiche. Da un lato Stefano Domenicali che non vuole fare da capro espiatorio di una stagione opaca. Dall’altro Alonso che si rammarica di aver smesso di lottare per il titolo gia’ a luglio, causa una defaillance nello sviluppo della vettura.
”La F1 non e’ come il calcio, dove se una squadra va male si cambia l’allenatore” sottolinea il responsabile della gestione sportiva in un’intervista ad ‘As’, rispondendo a chi lo invita a farsi da parte: ”Io non sono l’allenatore, ma l’ad di una societa’ che fa sport. Non e’ che cacciando Domenicali, domani si vince. E’ chiaro che il mio capo puo’ mandarmi via e se lo facesse sarei sempre comunque sempre grato di essere stato alla Ferrari”. ”Il mio impegno e’ totale – assicura ancora Domenicali – sapendo che puo’ essere migliorato, ma non con la logica del calcio. Non e’ che se compro un difensore o un attaccante, vinco il campionato. Quello che posso garantire e’ che cerco di dare gli strumenti migliori alle persone che lavorano sulla macchina, che la disegnano, mi occupo della scelta dei piloti, degli sponsor, di far funzionare il sistema”.
”Il nostro problema e’ stato lo sviluppo – e’ la spiegazione tecnica di Alonso, ad Autosport – La vettura non si e’ adattata alle gomme e non abbiamo compiuto i passi previsti. A luglio siamo arrivati in gara con aggiornamenti che erano indovinati sulla carta, ma non cosi’ tanto in pista. E questo ha rallentato la crescita”. Il due volte campione del mondo non attribuisce pero’ alla Pirelli i mediocri risultati della Ferrari ”Alcune squadre hanno perso qualcosa in termini di prestazioni e altre, come la Sauber, hanno guadagnato. Ma la Pirelli ha dovuto apportare le modifiche perche’ alcuni pneumatici sono esplosi, non e’ stata una decisione presa per avvantaggiare una squadra o l’altra”.
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