Un’Italia piegata su se stessa, chiusa nel privato della famiglia diventata bene rifugio, diffidente verso il prossimo, con poca fiducia nel futuro, insoddisfatta della propria vita e del proprio lavoro. E’ un ritratto alquanto mesto quello che emerge dalle pagine del Rapporto Bes2014 stilato da Istat e Cnel sull’Italia dello scorso anno.
A vivere questo malessere sono un po’ tutti: i poveri che diventano piu’ poveri (soprattutto al Sud e se hanno piu’ di tre figli) e quelli che un tempo venivano definiti benestanti, sempre piu’ insoddisfatti delle loro attuali condizioni. Preoccupante il malessere dei giovani che emerge con tutta la sua crudelta’ dalla freddezza dei numeri.
Sta crollando fra i venti-ventiquattrenni la soddisfazione per la propria vita e l’ottimismo per il futuro: dal 2011 al 2013 per loro il crollo dell’indicatore della soddisfazione e’ stato di oltre 12 punti passando dal 45,8% del 2011 al 32,5% del 2013 portandosi decisamente sotto la media nazionale di 35%. Il dato e’ sensibile perche’ in passato la beata gioventu’ godeva del privilegio di una percezione delle proprie condizioni di vita fra le piu’ soddisfacenti, ora non piu’.
Il dato va a incrociarsi con il malessere psicologico che sta insinuandosi non solo nella popolazione adulta ma in modo particolare nei giovani maschi fra i 18 e i 24 anni, per loro l’indice di "benessere psicologico" si e’ ridotto da 53,4 a 51,7 punti a fronte di un generale calo dell’indicatore, pero’ solo di poco meno di un punto, per tutta la popolazione. Insoddisfatti e infelici, i giovani lo sono et pour cause. Su di loro si sono scaricati gli effetti economici piu’ negativi della crisi. In primis la progressiva precarizzazione con un "preoccupante peggioramento della qualita’ del lavoro" segnalato dal Rapporto Bes 2014.
Mentre l’instabilita’ rimane diffusa, l’aumento dei lavoratori a termine di lungo periodo e’ andata ad associarsi a "una propensione sempre minore alla stabilizzazione dei contratti" (nel biennio 2007-2008 la quota dei lavoratori che passava al lavoro stabile erano 26%, nel biennio 2012-2013 e’ crollata a un risicato 20%) che riguarda "soprattutto i giovani".
Insomma, sempre meno lavoro e sempre piu’ precario e’ la spirale dove si avvitano i giovani italiani senza riuscire a vedere un futuro. Il fatto che alcuni fortunati fra loro, ora piu’ che nel passato, stiano assurgendo agli scranni del potere e delle istituzioni, come evidenzia il generale calo dell’eta’ dei parlamentari (ha meno di 50 anni un senatore su quattro e meno di 40 un deputato su quattro) e” ancora troppo presto per capire se questa generazione potra’ trarne un generale vantaggio. Insieme ai giovani sono le donne a scontare gli effetti della crisi.
Precarie o stabilizzate le donne stanno lavorando di piu’, ma quando lo fanno, soprattutto se sono giovani e hanno figli piccoli a carico, tutto e’ contro di loro: cala l’accesso agli asili nido pubblici e ai servizi per l’infanzia, aumentano le difficolta’ a conciliare casa e lavoro, quanto al tempo libero meglio, non pensarci, soprattutto sopra i 45 anni. La nota positiva e che alcune di loro stanno tingendo sempre piu’ di rosa i vertici istituzionali e i cda delle societa’ quotate in borsa. Ma un’elite non fa primavera.
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