Durante la presentazione della nuova veste grafica del Secolo d’Italia, il nome di Gianfranco Fini non viene mai menzionato. Fino a quando un giornalista presente alla conferenza stampa non porge una domanda al coordinatore nazionale PdL, Ignazio La Russa: "Fini condivide le idde sul nuovo corso?". "Fini chi? Personalmente – risponde La Russa – non nutro alcuna animosita’ nei confronti di Gianfranco Fini: oggi e’ lontano da questo Secolo d’Italia che non ne esprime le posizioni".
Nella sala conferenze di Montecitorio ci sono Mario Landolfi, Ignazio La Russa, Marcello De Agelis, Altiero Matteoli e Massimo Corsaro. Innegabile che la storia del Pdl, come quella del presidente della Camera, passi anche per le pagine del quotidiano che fu dell’Msi, poi di An e ora del PdL. E’ lo stesso La Russa a raccontare che, "dopo una riunione con Tatarella, Fini affido’ a Francesco Storace, allora suo portavoce, il compito di lanciare l’idea del superamento dell’Msi dalle pagine del Secolo d’Italia".
E’ sempre La Russa a rivendicare che "in un anno", dalla nascita di Fli ad oggi, "il Secolo non e’ stato mai utilizzato per fare polemiche contro il presidente della Camera e contro chi ha fatto scelte politiche diverse dalle nostre. Il giornale, anche in tempi recenti, non e’ stato solo il giornale di Fini e Storace. E’ una testata con una storia lunga 60 anni. Storica e nessuno e’ escluso dalla storia". Una storia che "ha corso e potrebbe correre ancora il rischio di essere interrotta, il giornale e’ stato vicino alla chiusura".
Voglia di distensione, di sotterrare l’ascia di guerra di fronte al simbolo di un passato comune, di una strada percorsa fianco a fianco? Non proprio, perche’ una lieve sfumatura di rancore, La Russa la lascia trapelare quando auspica che il Secolo d’Italia "Torni ad avere l’obiettivo di essere letto da molte persone e non solo di essere citato dagli altri giornali. Quindi – ha concluso sardonico il coordinatore Pdl – chi vuole che un segreto sia conservato gelosamente, puo’ smettere di fare quello che veniva fatto in passato, cioe’ confidarlo al Secolo d’Italia".
Discussione su questo articolo