“Stefano e Alessandro stavano dormendo in tenda quando sono stati sepolti da due metri e mezzo di neve. Non si sono nemmeno accorti di morire. Erano due professionisti, è assurdo perdere la vita così”.
A raccontarlo è Valter Perlino, 64 anni, veterinario di Pinerolo e alpinista esperto, sopravvissuto alla violenta nevicata che ha travolto e ucciso Stefano Farronato, arboricoltore di Bassano del Grappa, e Alessandro Caputo durante la spedizione al Sil Panbari, vetta di 6.887 metri nel Nepal occidentale.
“La neve ci ha sorpreso in anticipo – ha spiegato Perlino al Corriere della Sera –. Io ero già al campo base. Mi sono salvato per una tromboflebite: il piede gonfio non mi permetteva di indossare lo scarpone, ed è stato proprio questo a tenermi in vita. Quando siamo arrivati al campo martedì mattina, la scena era terribile: le tende erano scomparse, tutto sommerso dalla neve. Con ogni probabilità Stefano e Alessandro sono morti tra giovedì e venerdì”.
L’alpinista ricorda che insieme avevano raggiunto il Campo 2, a 5.800 metri, e stavano salendo verso il Campo 3, a 6.300. “Poi ho avuto il problema al piede sinistro e abbiamo deciso di tornare tutti al campo base, a 4.800 metri. Ma mentre io sono ripartito, loro hanno preferito fermarsi per smontare il campo. Non so perché – forse erano stanchi e avevano bisogno di riposare”.
La tragedia si è consumata pochi giorni dopo. “Lunedì ha iniziato a nevicare, molto prima del previsto. È caduta neve per sei giorni consecutivi, quasi due metri. Loro erano bloccati al Campo 1, ma restavamo in contatto due volte al giorno tramite Garmin e Rict. Avevano gas e cibo, ma vivere e cucinare in una tendina a quelle altitudini è difficilissimo. Li ho sentiti fino a giovedì sera, poi è calato il silenzio”.






























