Partendo dalla asserzione sostenuta da Alberto Grandi in una intervista al Financial Times secondo cui non esiste una cucina italiana perché, a suo dire, il vero parmigiano è del Wisconsin e la pizza al pomodoro è stata inventata dagli americani, “apprendevo dai siti web che la stessa cucina italiana è la prima al mondo sia per le ricette che per i prodotti secondo la classifica delle migliori cucine stilata dal portale inglese TasteAtlas, un’enciclopedia gastronomica digitale che cataloga piatti tradizionali, prodotti enogastronomici locali e ristoranti di tutto il mondo”. Così il giornalista e gastronomo Luciano Pignataro su Il Mattino.
“Facendo una media dei voti espressi dagli utenti che hanno testato i piatti e i locali segnalati nel portale, Taste Atlas ha potuto individuare le cucine più amate a livello mondiale nel 2022. E su 95 nazioni, è stata proprio l’Italia ad aggiudicarsi il primo posto. A farci guadagnare la vittoria sono stati piatti simbolo della cucina del nostro paese, prima tra tutti la pizza, votata dagli utenti come piatto italiano più popolare con un punteggio di 5 su 5. A seguire troviamo altre ricette storiche come il lombardo risotto alle zafferano, le tagliatelle al ragù alla bolognese e la romana pasta alla carbonara. Ci sono poi i ravioli, gli gnocchi, il tiramisù, la pizza napoletana e la bruschetta. La top ten si conclude poi con il torrone.
Tra i prodotti più conosciuti al mondo troviamo al primo posto gli spaghetti, seguiti dalla mozzarella e dalla lasagna in terza posizione, mentre il titolo di bevanda più popolare va al caffè, seguito da cappuccino e amaro.
In questa classifica l’Italia, con un giudizio di 4,72 (su un massimo di 5), è seguita da vicino dalla Grecia che con 4,69 si aggiudica il secondo posto, e da Spagna e Giappone che con 4,59 punti si posizionano ex aequo al terzo posto. Seguono India, Messico, Turchia e Stati Uniti. La Francia, storica rivale italiana in termini di prodotti enogastronomici, si aggiudica solo il nono posto, mentre il decimo è stato assegnato al Perù. Insomma un trionfo, che avviene proprio nel momento in cui marchi del made in Italy globali come Gucci, Armani, Bulgari, stanno investendo nella gastronomia mietendo stelle Michelin come mai prima era accaduto”.
“Quello che sfugge al professore Grandi – prosegue l’esperto – è che proprio questa continua trasformazione sociale e antropologica ha provocato la nascita della cucina italiana che è già ben tratteggiata nei tre grandi manuali di ricette dell’800: quelli del Corrado, del Cavalcanti (dove debuttano i vermicelli al pomodoro) e dell’Artusi con la differenza che i primi due conoscevano cosa si mangiava sopra Roma, il secondo esprime sostanzialmente solo la cucina tosco-emiliana perché ignorava assolutamente cosa si mangiasse al Sud. Fatta l’Italia, bisognava fare gli italiani, e tra due guerre mondiali, l’emigrazione, la televisione, le lotte operaie e studentesche, l’alfabetizzazione, nel corso degli anni l’italiano si è fatto pur mantenendo declinazioni territoriali molto accentuate, a volte teatralmente accentuate. Figli dell’esperienza comunale e dei regni pre-unitari, il nostro genius loci è sostanzialmente anarcoide, veri eredi della Grecia Antica più che di una Roma Imperiale come credeva o voleva far credere la Mussolini. Ma è proprio questa diversità con le sue differenziazioni ad essere l’essenza stessa della cucina italiana come ha ben spiegato il professore Luigi Petrillo che ha redatto il dossier presentato a Parigi per il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio immateriale dell’Umanità da parte dell’Unesco”.































