L’Italia, si sa, è stata definita qualche volta come “superpotenza culturale” per via dell’immenso patrimonio di idee, di arte, di architettura e di tanto altro, costruito lungo oltre due milleni e custodito nel suo territorio; per la determinante influenza che ha avuto nella cultura occidentale; per la potenza che, ancora oggi, hanno settori della sua economia, legati alla creatività, che è una delle caratteristiche della sua cultura. Una cultura che è ammirata anche in Argentina, che di essa si è nutrita lungo la sua storia, in gran parte anche grazie alla determinante presenza di milioni di italiani in questo Paese, come è dimostrato anche dal modo di essere di questo popolo. Una cultura che, anche nelle rispettive manifestazioni contemporanee, ha profondi legami e genera mutuo entusiasmo.
Non è il caso di dilungarsi in questo articolo su espressioni, manifestazioni e protagonisti della cultura italiana ammirati in Argentina, e dell’apprezzamento che provocano in Italia gli autori e gli interpreti della cultura argentina, perché è una realtà assai nota ed evidente. Storicamente, è quasi sempre mancato un piano preciso promosso da Roma per la diffusione della cultura italiana in Argentina. Ci sono state grandi manifestazioni (lontane nel tempo sono rimaste “Italiana 86” e “Italiana 92”, due megamanifestazioni che per oltre un mese portarono in Argentina mostre, teatro, cinema, conferenze, ecc), ed eventi di particolare rilievo. Ci sono stati comunque, lungo gli anni, visite di esponenti di primo piano del mondo culturale, mostre, presenze di artisti e gruppi teatrali. Ultimi nel tempo, l’Orchestra della Scala di Milano che si è presentata al Teatro Colon e l’esposizione del Doriforo ceduto al Museo Nacional de Bellas Artes, durante tre mesi, dal Museo Archeologico di Napoli. Non è mancato nemmeno il contributo anche da parte di Regioni, Province o Comuni d’Italia, alla diffusione di aspetti diversi della cultura italiana. Ci sono inoltre, da parte ufficiale, i programmi curati ogni anno dagli Istituti Italiani di Cultura di Buenos Aires e di Cordoba e quelli curati anche dal Consolati. C’è poi l’azione non sufficientemente apprezzata dall’Italia, delle associazioni italiane, a cominciare dai Comitati della Dante – oltre un centinaio in tutta l’Argentina – e a seguire dalle manifestazioni, grandi o meno, curate da tanti sodalizi italiani in tutto il Paese.
Frutto di tutta questa azione, sono le varie giornate, settimane e mesi dedicati alla diffusione della cultura italiana che varie normative delle amministrazioni locali prevedono in tutta l’Argentina. Per fare solo due esempi: la Città di Buenos Aires approvò nel 1995 lo svolgimento nei primi giorni di giugno della Settimana della Cultura Italiana. Da parte sua, la Provincia di Buenos Aires approvò nell’anno 2004 la celebrazione, nella terza settimana di ottobre ogni anno, della “Semana de la Cultura Italiana”. Analoghe iniziative esistono in numerose province e comuni dell’Argentina, approvate generalmente su proposta delle comunità italiane locali.
Queste normative, certamente lodevoli e che dimostrano l’amore delle autorità e della società argentina per la cultura italiana e la stima per gli emigrati italiani, sono però dei contenitori. In altre parole, le autorità locali creano lo spazio, ma chi deve occuparsi di riempirlo è la collettività italiana attraverso le proprie associazioni. E l’Italia cosa fa? Ritiene che è qualcosa che non la riguarda, al punto che probabilmente non è informata delle normative citate. Capita spesso inoltre che qualche funzionario venuto da Roma guardi con presunzione o con stizza le eventuali espressioni folkloristiche messe in atto dalle associazioni della collettività o le eventuali conferenze o mostre, basate quasi sempre sulla cultura classica. “Bisogna mostrare l’Italia d’oggi, la cultura italiana contemporanea” è il loro ritornello. Sicuramente, trattandosi di “esperti”, hanno ragione. Quando si domanda loro perché l’Italia non si impegna per far conoscere le nuove espressioni della moderna cultura italiana, rispondono che non ci sono soldi. Ma visto che l’Italia non ha fondi per organizzare all’estero grandi manifestazioni, che i fondi per la diffusione culturali sono sempre più ridotti, perché non promuovere le famose sinergie? Perché non promuovere con intelligenza il non meno famoso “fare rete”, facendo lavorare in rete, appunto, gli enti italiani di diffusione della cultura italiana, gli enti culturali del Belpaese presenti in Argentina (quali Università di Bologna, Consorzio Universitario Italiano in Argentina, tra gli altri), e le più importanti associazioni culturali create dagli italiani in Argentina (Dante Alighieri di Buenos Aires, di Rosario, di Córdoba, scuole italiane, Istituti universitari italiani quali quelli di Rosario), enti misti quali la Fondazione Culturale Coliseum. In tempi di magra, sembra che sia ragionevole cercare di lavorare insieme, e non rimanere arroccati ognuno nella propria torre d’avorio. Dovrebbe essere chiaro a tutti, ma non è così.
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