Un viaggiatore sedentario. L’ossimoro calza a pennello per Giacomo Puccini nelle vesti di globe trotter dell’opera lirica.
Per propagandare le sue opere il compositore nato nell’arborato cerchio di Lucca girò il mondo. Ma dava sempre l’impressione di essere un turista per caso.
Quando si recava all’estero, sebbene scendesse negli alberghi più lussuosi, cominciava subito a rimpiangere l’eden terracqueo di Torre del Lago.
Uscire dal proprio guscio per rimpiangere la propria tana. Un leit-motiv frequente nell’epistolario dell'”orso” Puccini.
Puccini varcò i confini italiani per la prima volta nell’estate del 1886. E non per arte quanto, piuttosto, per amore.
Dopo la precipitosa fuga da Lucca con Elvira, la coppia fedifraga si rifugiò a Vacallo, sopra Chiasso, in Canton Ticino. Lì a nessuno importava se Giacomo ed Elvira fossero regolarmente sposati oppure una coppia di fatto.
Per la legge elvetica non avrebbero corso nessun pericolo nel caso che il marito di Elvira, Narciso Gemignani, influente commerciante e massone, un giorno alzandosi con la luna storta denunciasse la moglie per abbandono del tetto coniugale.
Ecco spiegato l’amore di Puccini per la Svizzera, non certo, per dirla col Parini, per la salubrità dell’aria.






























