Italiani all’estero, Caravaggio vince in Italia e sbarca anche all’Avana – di Marco Ferrari

Narciso. (opera attribuita) 1600 ca. (?) Collezione Corsini - Roma - Olio su tela, cm. 122 x 92. Questo quadro grandioso non rientra nella concezione di una evoluzione graduale di Caravaggio dalla natura morta alla pittura di storie. Esso mostra Narciso in un vestito dell'epoca del pittore, senza altra aggiunta. Secondo Ovidio, egli vide la sua immagine riflessa in una fonte e se ne innamorò al punto da non staccarsi più dal luogo, fino a trasformarsi nel fiore del narciso. In occasione del restauro dell'opera nel 1955, è divampato un accanioto dibattito sulla sua autenticità, sostenuta dalla maggioranza degli specialisti. Malgrado dei riferimenti convincenti ad un capolavro del pittore, la “Conversione di Paolo”, non mi convince il fatto che Caravaggio abbia dipinto questo semplice quadro senza alcun elemento ornamentale.

Tempi d’autunno, tempi di grandi mostre. In Italia ci si interroga ancora se vale la pena spendere tanti soldi per eventi di forte richiamo, ma il fenomeno sembra avere una certa tenuta, nonostante la crisi economica che colpisce le famiglie medie. I dati finali del 2010 pongono la mostra dedicata al Caravaggio alle Scuderie del Quirinale di Roma al primo posto assoluto: rispetto ad un costo di 2,3 milioni di euro per l’allestimento, l’esposizione è stata visitata da 582.577 persone con una media di 5.088 ingressi al giorno.

Un bilancio che ha indotto a pensare ad un Caravaggio da esportazione. E così “Il narciso alla fonte” dell’artista milanese del ‘500 è in volo verso L’Avana per la mostra “Caravaggio en Cuba” che aprirà il 23 settembre al Museo Nacional de Bellas Artes. Un Michelangelo Merisi tra le braccia di Fidel è già di per sé un avvenimento. Figuriamoci le polemiche che si trascinerà dietro. La mostra accosta il capolavoro di Caravaggio a un insieme di opere autografe e documentate dei pittori a lui legati: Giovanni Baglione con “Ecce homo”, Tommaso Salini con “San Giovanni Battista”, Barrtolomeo Manfredi con il celeberrimo “Bacco e un bevitore”, lo straordinario “San Gerolamo” di Hendrich van Somer. Altri capolavori  toccano personalità ed aspetti sui quali gli studiosi discutono ancora oggi: da Orazio Borgianni (Roma, 1578  – 1616) a Lionello Spada (Bologna, 1576 – Parma, 1622) ad Angelo Caroselli (Roma, 1585 – 1652) e a Orazio (Pisa, 1563 circa – Londra, 1639) e Artemisia  Gentileschi (Roma, 1593 – Napoli, 1653) con un autoritratto.

Sul nostro suolo patrio, le celebrazioni per i 150 anni dell’Italia sono state un’attrazione quasi in ogni città. La palma d’oro spetta all’esposizione “Vittorio Emanuele II. Il Re galantuomo” nelle due sedi di Palazzo Reale a Torino e del Castello di Racconigi. Con 300 mila visitatori ha conquistato la top grazie ad una media giornaliera che ha sfiorato i 2.000 visitatori.

I primi dati dell’anno in corso confermano il successo della Biennale veneziana, fascinoso mondo di sperimentazioni e novità. La 53esima edizione, in corso sino al 22 novembre, ha sinora totalizzato 376 mila ingressi puntando decisamente a quota mezzo milione. Alle sue spalle si sono piazzate la mostra sui tesori sommersi dell’Egitto, alla reggia di Venaria e l’esposizione dedicata al pittore americano Edward Hopper a Milano. A seguire il Futurismo romano e il Picasso esposto al Vittoriano di Roma.

Ma eccoci al presente. A Palazzo Strozzi di Firenze è avviata da pochi giorni la mostra "Denaro e bellezza. I banchieri, Botticelli e il rogo delle vanità" che ci spiega le origini del potere fiorentino in Europa attraverso 100 opere di artisti come Botticelli, Beato Angelico, Piero del Pollaiolo, i Della Robbia, Lorenzo di Credi, Andrea del Verrocchio, Jacopo del Sellaio, Hans Memling. Siamo nel cuore del Rinascimento con la nascita del mecenatismo, fino alla critica del lusso e al falò delle vanità con la visione di una società in crisi, con quel ciclone che fu Savonarola, il frate che arrivò a negare quanto il Rinascimento aveva rappresentato, pur costituendone parte integrante (www. palazzostrozzi.org).

A 500 anni dalla nascita di Giorgio Vasari la città di Arezzo, che gli diede i natali, lo ricorda con una serie di importanti mostre. Oltre la sua casa natale e relativo museo, in Via XX Settembre, si possono visitare le seguenti esposizioni: “Il primato dei Toscani nelle Vite del Vasari” ospitata sino al 9 gennaio 2012 nella Basilica Inferiore di San Francesco; “Santo è bello” in corso sino al 30 dicembre al Palazzo vescovile, in Piazza Duomo. E da ultima “Giorgio Vasari. Disegnatore e pittore” alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea (ufficiocultura@comune.arezzo.it), aperta sino all’11 dicembre. Vasari fu anzitutto un uomo di cultura e un artista apprezzato in tutta Italia, letterato ed amico dei maggiori intellettuali del suo tempo. Fu architetto e pittore alla corte di Cosimo I de’ Medici, e da “giovane venuto dalla provincia” riuscì a conquistarsi un ruolo chiave nel panorama culturale del Rinascimento.

La mostra della Galleria Comunale ripercorre l’evoluzione dell’artista aretino partendo dalle prime opere come la Deposizione nel Sepolcro del 1532 o il bellissimo Ritratto del duca Alessandro de’ Medici armato degli Uffizi per giungere a quegli straordinari lavori che possono essere considerati una sorta di testamento, quali sono i disegni, provenienti dal Louvre con gli Studi per gli affreschi della Cupola di S. Maria del Fiore a Firenze. Tra le “sorprese” alcune opere devozionali di collezione privata, di cui una da tempo dispersa, la possibilità di vedere per la prima volta insieme la “Fucina di Vulcano” proveniente dagli Uffizi con il grande Studio preparatorio per la Caccia d’Amore conservato al Louvre, la lettera originale scritta nel 1560 da Michelangelo a Cosimo I e soprattutto – mai esposta prima in Italia – una “Annunciazione” del Vasari che giunge ad Arezzo dal Mora Ferenc Museum di Szeged, in Ungheria. Appare infine spettacolare, grazie al restauro effettuato in occasione dell’evento, l’importante dipinto della Galleria Palatina di Firenze con Le Tentazioni di San Girolamo.

A Palazzo Diamanti di Ferrara, invece, va in scena il fascino irresistibile della Parigi degli anni Venti con i grandi maestri della modernità all’apice della loro carriera. Monet, Matisse, Mondrian, Picasso, Braque, Modigliani, Chagall, Duchamp, De Chirico, Miró, Magritte e Dalí compaiono nella mostra “Gli anni folli. La Parigi di Modiglioni, Picasso, Dalì 1918-1933” in corso sino all’8 gennaio 1012 (www.palazzodiamanti.it).

Dipinti, sculture, costumi teatrali, fotografie, ready made, disegni, provenienti dai più importanti musei e collezioni private del mondo compongono la mostra organizzata da Ferrara Arte. Siamo nel pieno di quella stagione irripetibile che ha visto intrecciarsi le principali tendenze artistiche del Novecento, prima che l’ascesa del Terzo Reich in Germania cambiasse in maniera irreversibile il clima europeo.

La mostra prende le mosse dalle opere di due maestri impressionisti ancora attivi ed influenti nel primo dopoguerra. Se la monumentale “Fonte” di Renoir rivelò a Picasso e ai suoi colleghi la forza di una rilettura moderna dell’arte classica e rinascimentale, opere rivoluzionarie di Monet come il “Ponte giapponese” scardinarono qualsiasi idea di rappresentazione naturalistica e prospettica, giungendo alle soglie dell’astrazione.

Per un fine settimana in una bella città italiana ce ne è abbastanza.