Questa volta il percorso è anomalo: dalla strada si entra nella sala. Fuori dalla logica della ‘street art’ che lontano dai luoghi convenzionali ha imparato a farsi conoscere, apprezzare, spesso anche criticare aspramente. L’arte che si sviluppa nelle strade, sui muri dei palazzi, sui vagoni dei treni, nei ponti, dappertutto, ha un proprio percorso che questa volta si infila dentro un palazzo, e non si accontenta di ‘dipingerne’ soltanto le pareti esterne. Ma non è solo questo che rende ‘From Street to Art’ una mostra particolare, lo è anche il fatto che gli artisti italiani di questo movimento che è cresciuto e che è diventato vera arte, per una volta si trasferiscono e vanno là dove questo modo di esprimersi si può dire che sia nato: New York City.
Una mostra ‘From Street to Art’ che porta i maggiori rappresentanti italiani del movimento a fare un viaggio verso le origini dello stesso. Ospitate nelle sale dell’Istituto Italiano di Cultura di New York, fino al 20 agosto, ci saranno infatti alcune opere degli artisti ‘di strada’ italiani può conosciuti e apprezzati, quelli che hanno scritto, anche sui muri, una parte della storia nostrana di questo movimento che negli anni è diventato internazionale.
L’idea è nata dal direttore dell’istituto, Fabio Troisi, ed è stata subito portata alla realtà da Simone Pallotta, storico e specialista di arte pubblica e urbana, che a New York si è trasformato nel curatore della mostra. Ecco allora che ‘From Street to Art’ è diventata la prima collettiva di street art italiana accolta a New York, nell’IIC.
Le opere in mostra sono di Agostino Iacurci, Aris, BR1, Cyop&Kaf, Dem, Eron, Hitnes, Sten&Lex, Ufo5, 2501 che portano così dall’Italia all’America il volto delle nostre strade, viste attraverso gli occhi dell’artista. Una mostra che rappresenta un nuovo e totalmente differente approccio culturale verso un tema che non si sviluppa, mai, dentro a una sala, a un museo, ma che usa l’aria libera per mostrare il meglio di sè. Questa volta però ecco racchiuse le opere di strada che comunque anche all’interno riescono a sprigionare tutta la loro forza. Così graffiti, murales, disegni, tutto ciò che si esprime fuori è stato accolto dall’ICC che per l’occasione ha approfittato degli artisti si strada per decorare le scale a chiocciola dell’istituto, che così d’ora in poi porteranno con sè, per sempre, una parte di questa arte dell’aria aperta.
La mostra collettiva presenta per la prima volta i nomi di coloro che hanno determinato la scena ‘street’ italiana dell’ultimo decennio. Si tratta di un percorso creativo vissuto attraverso i numerosi lavori che hanno contraddistinto l’evoluzione artistica dei protagonisti. È anche una indagine, una retrospettiva su un genere di artisti che solo ultimamente ha cominciato a scrivere la propria storia, che ha cominciato a fare parte di quella dell’arte in generale e italiana in particolare. Lo scopo di questa rassegna così particolare e innovativa è quello di far vedere la crescita dell’ultima generazione di artisti italiani che condividono l’appellativo di ‘street artist’ per la loro forte e continua presenza urbana e per l’approccio così globale delle loro opere. Però anche se uniti dalla ‘strada’ si possono carpire le differenze nei contenuti e nelle espressioni che riescono sempre a esprimere con un grande equilibrio e una notevole maturità. Sono dipinti, opere, murales, graffiti differenti, tutti aspetti che saltano agli occhi anche in una galleria.
Così Simone Pallotta, il curatore, è riuscito nel suo intento di dare voce a quei personaggi che hanno guidato la scena ‘street’ italiana nel momento di massimo fulgore. E se c’è la strada che li unisce tutti, senza eccezioni, la tecnica, lo stile, la produzione si esprimono in modi completamente diversi uno dall’altro. E arrivare a New York, la patria della ‘street art’ è anche una maniera di confrontarsi, di paragonare scuole differenti, perché anche in Italia si sono creati, a cominciare proprio dal 2000, tre diversi filoni. Il movimento della ‘street’ che si è indirizzato soprattutto su tre direttive, Milano, Bologna e Roma. La prima scuola si è indirizzata sulla massificazione degli interventi, per raggiungere una platea più vasta, la seconda invece si è caratterizzata con uno stile che rende ‘massiccia’ ogni decorazione e infine la terza si è quasi specializzata con lo stile ‘stencil’, la maschera normografica, grazie soprattutto all’inventiva e alle opere di Sten&Lex, un romano e un tarantino, che non ha caso hanno intrapreso il viaggio verso New York per essere presenti a questo appuntamento anomalo, ma che non si poteva perdere.
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