Sale la tensione attorno all’Ilva: la sorte dell’acciaio italiano e di migliaia di lavoratori, dopo l’ulteriore sequestro disposto dalla procura e la decisione dell’azienda di sospendere l’attivita’, e’ ormai appeso all’unica soluzione che appare possibile, il decreto legge che il governo sta predisponendo e che dovrebbe approvare entro fine settimana. Che si sia davvero arrivati all’ultima spiaggia, oltre la quale c’e’ soltanto un disastro economico di enormi proporzioni e, soprattutto, il rischio di una rivolta sociale senza precedenti, lo dimostra l’incontro al Quirinale tra Monti e Napolitano nel quale il premier ha illustrato al presidente della Repubblica le linee generali del decreto governativo. Un provvedimento che dovrebbe recepire per intero la nuova Autorizzazione integrata ambientale e innalzare i livelli delle emissioni inquinanti, consentendo all’Ilva di continuare a produrre e al governo di venire a capo di una situazione che rischia di sfuggire di mano e di cui si registrano gia’ i primi segnali: l’occupazione della direzione aziendale da parte degli operai, la contestazione pesante ai sindacati confederali, bollati come ‘venduti’, il blocco dell’autostrada a Genova attuato dai lavoratori degli stabilimenti liguri, le parole con cui il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante ha ribadito che l’azienda restera’ chiusa fino al pronunciamento del tribunale del Riesame.
‘C’e’ un clima molto delicato e abbiamo motivo di ampia preoccupazione – ammette il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri – c’e’ un rischio notevole di problemi per l’ordine pubblico, perche’ i posti di lavoro messi in discussione sono tantissimi, non sono solo quelli di Taranto’.
A quantificare le dimensioni del disastro in cui rischia di ritrovarsi l’Italia e’ Confindustria. ‘Sulla base di cio’ che succedera’ all’Ilva – dice il presidente degli industriali Giorgio Squinzi – si giochera’ il futuro dell’industria pesante in Italia. Il nostro paese rischia di uscire dal novero dei paesi industriali avanzati’. Le cifre le fa invece il numero uno Federacciai, Antonio Gozzi: ci sono piu’ di 50mila lavoratori coinvolti. Abbiamo calcolato un rincaro dai 50 ai 100 euro la tonnellata e una fattura tra i 2,5 e i 5 miliardi per l’importazione di prodotti sostitutivi’.
Ecco perche’ il ministro dell’Ambiente Corrado Clini da un lato ha accelerato i tempi per il decreto e dall’altro ha alzato i toni nei confronti della magistratura tarantina. ‘E’ evidente – dice riferendosi anche a quest’ultima – che l’obiettivo e’ bloccare l’attuazione dell’Aia e arrivare alla chiusura dello stabilimento. Stanno creando le condizioni per cui l’Aia non sia applicabile, ma questo non e’ legale. Devono rassegnarsi, io non mollo’. Il ministro arriva addirittura ad ipotizzare una ‘convergenza’ tra l’iniziativa della magistratura e l’interesse dell’azienda a non investire. Poi pero’ lascia cadere la polemica, non raccolta dai pm che proseguono nella loro strada lasciando intendere che, se la legge cambiera’, la applicheranno. Nel frattempo la procura ha iscritto altre cinque persone nel registro degli indagati – tra cui il sindaco di Taranto Ippazio Stefano per omissione in atti d’ufficio e il sacerdote don Marco Gerardo per false dichiarazioni ai pm – e ha inviato gli uomini della Gdf a Roma e Bari per ulteriori accertamenti sulla vecchia Aia, quella firmata dall’ex ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo.
Quanto alla riunione di giovedi’ a palazzo Chigi, in occasione della quale gli operai dell’Ilva hanno annunciato il loro arrivo in massa a Roma, Clini ribadisce che ‘non sara’ un incontro interlocutorio’. ‘Lavoriamo – spiega – ad un decreto per l’applicazione dell’Aia, unica strada per il risanamento. Il problema, oggi, e’ creare le condizioni di agibilita’ per cui l’azienda possa rispettarla rigorosamente. Dunque andiamo avanti per impedire che si crei una situazione per cui non si rispetti la legge e per coniugare lavoro e salute’. Quel che e’ certo, dice ancora, e’ che ‘l’Ilva deve avviare il risanamento’ e il governo ‘la mettera’ in condizione di rispettare gli investimenti per l’Aia’.
Anche il ministro della Salute Renato Balduzzi parla della necessita’ di far ‘stare insieme ambiente, salute e sviluppo’, mentre Ferrante accoglie con favore le parole di Clini. ‘L’Ilva – premette – ha avviato al tribunale del Riesame il ricorso contro il sequestro: fino al suo pronunciamento gli impianti di Taranto rimarranno chiusi. Spero in un pronunciamento rapido, entro pochi giorni’. In ogni caso, aggiunge, ‘spero che dalla riunione vengano passi avanti. Confidiamo che si possano trovare delle soluzioni ragionevoli non solo per Taranto e per l’Ilva ma per tutto il sistema siderurgico italiano in questa fase di crisi economica’. Perche’ la situazione ‘e’ pesante per tutti, e’ drammatica, ci sono ripercussioni gravissime non solo per l’Ilva ma anche per l’indotto’.
E va in questa direzione la decisione dell’azienda di sospendere, fino al pronunciamento del Riesame, la procedura di cassa integrazione annunciata nei confronti di 1.942 operai dell’area a freddo, che dunque continueranno ad avere la retribuzione. Un tentativo di far scendere la tensione ed evitare che salti tutto in aria. ‘Cosa accadra’ adesso? – ti dicono pero’ gli operai – Nessuno lo sa, navighiamo a vista’. Il rischio concreto e’ che, alla fine, a naufragare sia soltanto Taranto. Dove si tornera’ a lavorare e produrre. E anche a morire.
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