La situazione ad Haiti resta difficile, a sei anni dal terremoto che ha devastato il Paese, lasciando oltre 220.000 vittime e una terribile epidemia di colera. Oggi cosa è cambiato?
Dina Taddia, presidente della ong bolognese Gvc, che tra le prime intervenne nel Paese caraibico per far fronte all’emergenza umanitaria, spiega: "Se penso ad Haiti oggi, penso a un Paese che ha superato la prima emergenza, ma deve ancora ricostruire molto. Anzi, talvolta deve proprio costruire da capo: l’agricoltura e’ arcaica, e la coesione sociale praticamente inesistente. È necessario implementare lo sviluppo locale sostenibile, magari puntando anche sul turismo, sul modello della confinante Repubblica Dominicana, dalla morfologia pressochè identica. Anche se le due realtà sono molto diverse, certo per le infrastrutture, ma forse anche per volontà politica".
Quando si atterra all’isola di Hispaniola, racconta Taddia, si vedono due mondi: da una parte, la rigogliosa Repubblica Dominicana, con le sue fertili pianure; dall’altra parte, uno spiazzo. Quella e’ Haiti, vittima di un’incosciente deforestazione. Basti pensare che all’arrivo di Cristoforo Colombo, circa i tre quarti della superficie haitiana erano coperti da alberi: oggi, il 98% di quegli alberi e’ stato abbattuto, soprattutto a causa dell’elevato uso di carbone vegetale come fonte d’energia della nazione, ottenuto attraverso la combustione di legna in presenza di poco ossigeno. La Repubblica Dominicana, invece, ha proibito l’abbattimento degli alberi per il carbone vegetale sostituendolo con il propano.
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