Nei giorni scorsi in Sud America è atterrata una delegazione del Movimento 5 Stelle. Il M5S in realtà se n’è sempre fregato dell’America Latina, ma deve essere l’aria di campagna elettorale che continua a tirare fortissimo a far cambiare le cose velocissimamente.
Manlio Di Stefano, capogruppo M5S nella commissione Affari Esteri della Camera, è andato a Caracas con Ornella Bertorotta e Vito Petrocelli, vice presidente del Comitato Italiani all’estero. Sono partiti il 2 marzo e sono rientrati a Roma l’11 marzo.
In Venezuela, in particolare, i pentastellati hanno tenuto incontri politici, ma solo con i rappresentanti del governo. Si son recati a Caracas il 5 marzo in occasione dell’anniversario della morte di Hugo Chávez. Sembra che ai grillini il chavismo piaccia molto. Noi, che consideriamo questo chavismo una dittatura che azzera le libertà dell’individuo, ci vergogniamo per i grillini, anche perché non hanno voluto invece incontrare il Parlamento venezuelano, che a dicembre ha ricevuto i deputati italiani Pier Ferdinando Casini e Renata Bueno, né esponenti dell’opposizione venezuelana.
Non è finita. La visita di Di Stefano, giustamente, ha scatenato la rabbia della comunità italovenezuelana in Italia e in Venezuela. Insomma, costui è andato a trovare con i suoi sodali, tutto spesato dallo Stato italiano, chi ha piegato il Venezuela in due, chi ha costretto migliaia di connazionali a lasciare il proprio Paese, chi ha incarcerato e costretto all’esilio oppositori politici.
La crisi in Venezuela è fortissima e il Movimento 5 Stelle anziché raccogliere la voce del popolo venezuelano e dei 130mila italiani ivi residenti, va a visitare il governo chavista. Non esistono parole per commentare questo comportamento, se non di disprezzo. A Di Stefano però una cosa la vogliamo dire: vai a vivere in Venezuela. Passaci mesi, non un giorno. Prova a fare la spesa in un supermercato, a comprare delle medicine, anche solo un dentifricio. Fai questo e poi torna a parlarci del chavismo, se vuoi. Siamo certi che non avrai il coraggio di celebrare i governativi che opprimono il popolo.
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