Nella partita del Quirinale c’e’ per ora un unico dato certo: il suo esito sara’ il frutto delle concitate trattative tra i partiti, come sempre e’ accaduto in passato. La presenza del Movimento 5 Stelle non ne ha cambiato il rituale. Lo dimostra l’offerta di Beppe Grillo a Pierluigi Bersani di convergere sui nomi di Milena Gabanelli o di Stefano Rodota’ (con quest’ultimo reale candidato dei grillini). Per tentare di bloccare il dialogo tra Pd e Pdl, il leader genovese si e’ in fondo acconciato al metodo consuetudinario, se non ai nomi, facendo balenare al segretario democratico la possibilita’ di un ‘nuovo inizio’. Con risultati per il momento deludenti: dal Pd infatti si insiste sulla necessita’ di non piantare ‘bandierine’, ma di ottenere il consenso piu’ ampio possibile sulla figura del nuovo capo dello Stato. Il che significa coinvolgere anche il centrodestra nella scelta.
Certo, Grillo e’ stato il primo a fare alcuni nomi di rottura e in cio’ ha cercato di presentarsi quale innovatore. Le altre forze politiche invece assicurano che nelle riunioni riservate si e’ parlato solo di ‘metodi’. A poche ore dall’inizio delle votazioni, la cosa appare poco credibile. Ma comunque le ‘quirinarie’ non hanno impressionato piu’ di tanto: a parte i dissidenti fuoriusciti dal movimento, che le equiparano a poco piu’ di un esercizio di televoto, gli altri sembrano convinti che al Colle debba salire un politico puro, per la delicatezza del compito e per l’immagine internazionale dell’Italia.
In realta’ anche il coordinatore di Scelta civica Andrea Olivero ha fatto un nome: quello di Giuliano Amato, adombrato pure dal socialista Riccardo Nencini quando dice che i socialisti presto si toglieranno una grande soddisfazione. I montiani sono pronti a votare il ‘dottor Sottile’ a condizione che la candidatura sia il frutto di un’intesa Pd-Pdl. Il nome dell’ex premier fa parte certamente della rosa che Bersani potrebbe sottoporre a Berlusconi. Insieme a quello di Massimo D’Alema (gradito al Pdl), di Anna Finocchiaro (come ‘risarcimento’ per l’attacco subito da Matteo Renzi) e forse di una personalita’ non politica ma di ampio credito (sono circolati i nomi di Franco Gallo e Sabino Cassese, entrambi ex ministri ed ex presidenti della Corte costituzionale). Verso Amato, dopo la bocciatura di Finocchiaro e Marini, ci sarebbe anche il via libera del sindaco di Firenze.
Ora, a parte la ben nota regola che chi entra papa in conclave e’ destinato ad uscirne cardinale, bisogna chiedersi quale sia la ratio politica di un accordo sul nome dell’ex delfino di Bettino Craxi, certamente sgradito alla sinistra del Pd e ai vendoliani. L’elezione di Amato non potrebbe che segnare la ripresa di un tentativo di larghe intese: magari circoscritto ad alcune riforme economiche ed istituzionali. Il calcolo di Renzi (il cui candidato numero uno resta Romano Prodi) e’ che un governo di questo tipo – anche se guidato dal segretario del suo partito – non potrebbe che avere vita breve: per poi riportare il Paese alle urne in autunno o al massimo nella prossima primavera in coincidenza con le europee 2014. Allorche’ lo stesso Renzi potrebbe essere il candidato unico del centrosinistra.
Ma tutto cio’ corrisponde anche all’interesse di Bersani e di Berlusconi? Guardando alle prospettive del Paese, probabilmente si’ perche’ l’emergenza economica non aspetta. Quanto alle ragioni di partito, la risposta e’ molto piu’ dubbia: il segretario del Pd si troverebbe infatti a gestire una crisi economica che richiede una nuova manovra e il reperimento di risorse che si possono trovare solo rinegoziando i vincoli del patto di stabilita’ con l’Europa; il Cavaliere dovrebbe invece accettare di restare tagliato fuori dalla stanza dei bottoni senza nessuna reale garanzia sul suo futuro politico e giudiziario. E di questi tempi, le cose mutano con una velocita’ impressionante. Ecco perche’ la partita e’ ancora lunga: se si va oltre il terzo scrutinio, le larghe intese tramontano e tutto diventa possibile, anche l’accordo Bersani-Grillo.
































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