Simonetti, Lucato, Menegueti, Baptistella, Colombo. Sono cognomi italiani, alcuni storpiati, di famiglie che all’inizio del secolo scorso partirono per lo più dal Veneto per cercare fortuna in Sudamerica.
Sebbene si pensi spesso all’Argentina, la maggior parte di loro scelse il Brasile, tanto che nel Paese lusofono si celebra ogni 21 febbraio il Dia Nacional do Imigrante Italiano, come riconoscimento per i primissimi nostri connazionali sbarcati sulle coste dello Stato di Espirito Santo, a Nord di Rio de Janeiro, per essere sfruttati nelle piantagioni di caffè.
Oggi – scrive L’Avvenire – i discendenti di italiani sono presenti più a Sud, verso l’Uruguay, dove hanno fondato aziende vinicole e gestiscono trattorie tra menù un po’ strampalati e vinili di Pavarotti.
Parlano il “talian”, un buffo mix tra dialetto veneto e portoghese, che però è tra le lingue ufficiali del Brasile.
Nello Stato di San Paolo, che da solo ha una popolazione pari a quella della Spagna e un Pil superiore a qualsiasi altro Paese sudamericano, gli emigrati hanno dato lustro ad un’altra grande passione italiana: gli agrumi.
A Limeira – si legge -, a due ore esatte di macchina dalla capitale San Paolo, quasi tutti i 300mila abitanti hanno origine italiana e lavorano a vario titolo nel più grande distretto di arance del mondo, in passato capace di produrre l’80% di tutte le arance di un Paese, il Brasile, che è il primo esportatore mondiale di succo d’arancia concentrato.
La passione degli italiani di Limeira per l’arancia si esprime anche attraverso un evento che richiama visitatori da tutto il Brasile, la “Festa da Laranja”, fondata nel 1939 dal Rotary Club e che oggi ha una sola regola, ma inappellabile: nel grande parco che per quattro giorni a fine agosto ospita la kermesse, gli stand gastronomici devono offrire cibi e bevande contenenti rigorosamente l’arancia tra gli ingredienti, e possono proporre le loro creazioni a tema solo in quella occasione.































