Non poteva concludersi in modo diverso l’incontro fra Angelino Alfano e il Capo delle Stato, che ha ribadito la sua netta posizione in favore di una completa indipendenza della magistratura, stigmatizzando la marcia esibita ieri da deputati e senatori del partito di Silvio Berlusconi, di fronte al tribunale di Milano. La mossa era comunque necessaria, perché rappresenta il tentativo estremo di uscire dalla marginalizzazione in cui si trova in questo momento il principale partito del centrodestra, che nonostante il risultato elettorale è privo di prospettive politiche, dal momento che un’alleanza con il Pd con riedizione della grande coalizione è stata sconfessata per tutta la campagna elettorale dallo stesso Berlusconi e tutti quelli che contano nel Pd non la prendono neanche in considerazione. Non solo le vicende giudiziarie del leader, con la confessione dell’ex senatore dell’Idv Sergio De Gregorio sulla presunta compravendita di voti per il passaggio dalla maggioranza all’opposizione ai tempi del governo Prodi ed il rischio che si materializzi in tempi relativamente brevi una nuova condanna nei suoi confronti (processi Ruby e Mediaset) hanno messo nell’angolo il partito; ma anche la scelta di uscire dalla maggioranza lo scorso autunno, il disconoscimento delle decisioni parlamentari votate anche dal Pdl (a partire dall’Imu), l’attribuzione del fallimento del loro governo a una sorta di complotto internazionale, in campagna elettorale hanno dato certamente frutti positivi in termini di voti, ma allo stesso tempo ne hanno minato la credibilità.
Ancora una volta, comunque, appare evidente che è Silvio Berlusconi ad essere unico artefice dei successi e dei fallimenti del suo partito, perché senza di lui il risultato elettorale sarebbe stato assai meno significativo, ma le sue vicende personali impediscono al centro destra quell’agibilità politica che in questo momento sarebbe determinante.
Grande è l’attesa di segnali sulla possibilità di varare un governo, dal momento che venerdì 15 si insedia il nuovo parlamento, con in carica, ancora, il governo Monti, in attesa di qualcosa di nuovo e più duraturo. Si spera ancora che il Colle possa compiere il miracolo dei miracoli, riuscendo a fare quello che le singole forze politiche non riescono ad amalgamare, perché l’alternativa sono le elezioni a giugno e qualcuno, preso dalla condanna in primo grado a quattro anni di reclusione e altre indagini della Procura, le auspica, immaginando scenari diversi da quelli delineatisi dopo le urne di alcune settimana fa. E se Napolitano, l’8 marzo, durante le celebrazioni per la Festa della donna al Quirinale, ha detto che “la crisi economica non aspetta”, il declassamento a tripla B di Standard & Poor e i commenti americani sulla impossibilità di governo, ci fanno sperare che ad illuminare nuovi e vecchi politici sia, distraendosi un poco dalla “Sistina”, lo stesso Spirito Santo.
































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