L’ancestrale terrore delle persecuzioni a sfondo confessionale domina in queste ore gli abitanti di Qirdaha, luogo natale della famiglia presidenziale Assad al potere in Siria da quasi mezzo secolo, e di tutta la regione costiera abitata in larga parte dalla minoranza alawita sciita: a lungo discriminata, nella storia, da poteri politici centrali vari, soprattutto per ragioni economiche e sociali. Come racconta Anat M., un’attivista siriana alawita, originaria proprio di Qirdaha, a est del capoluogo Latakia e a poche decine di chilometri dalla linea del fronte tra lealisti pro-Assad e brigate di estremisti sunniti, ”in citta’ la paura si e’ impadronita anche degli oppositori del regime”.
Anat e’ a Beirut dopo aver lasciato Qirdaha e preferisce parlare senza svelare il cognome ”per non mettere in pericolo la famiglia”. Il fatto di essere alawiti – ”nusayiri”, secondo il termine usato ormai in modo dispregiativo dai fondamentalisti islamici – li rende ”miscredenti” agli occhi dei jihadisti sempre piu’ numerosi nei ranghi degli insorti. E quindi persone da eliminare. Nei giorni scorsi sono venute alla luce le conferme da parte di attivisti della regione costiera delle notizie di una strage di oltre cento civili alawiti uccisi all’inizio di agosto da bande di miliziani guidati da libici e ceceni accorsi nelle file dei ribelli anti-Assad piu’ radicali.
Tra gli alawiti, un per cento degli oltre 22 milioni di siriani, si contano numerosissimi membri delle forze fedeli agli Assad, ma anche una fetta minoritaria di dissidenti, alcuni provenienti dalla stessa Qirdaha. In citta’ sorge il mausoleo a Hafez al Assad, padre dell’attuale rai’s e per trent’anni e fino alla morte nel giugno 2000 indiscusso padrone della Siria. ”Ma Qirdaha e’ storicamente divisa tra clan rivali”, afferma l’attivista. ”Quando gli Assad arrivarono al potere (nel novembre del 1970) queste famiglie erano contro di loro e alcuni dissidenti, tra cui membri del clan Kheir, furono incarcerati e uccisi”. Adesso pero’, all’ombra delle minacce di un possibile attacco occidentale contro obiettivi del regime, ”a Qirdaha si teme che il fronte dei jihadisti venga favorito e che costoro possano giungere alle nostre porte”. Anche per questo la cittadina, annidata sulle montagne che sovrastano la costa mediterranea, ”e’ da tempo trasformata in un fortino. Ci sono due diverse milizie del regime e c’e’ l’esercito regolare che organizza posti di blocco e controlli”. Nei quartieri abitati dai clan piu’ ostili agli Assad la gente peraltro non ha smesso di mormorare: ”Ci si chiede perche’ il regime protegga cosi’ solo Qirdaha e lasci che altri centri alawiti vengano abbandonati alle razzie delle milizie. Ma in ogni caso – conclude Inat – le voci su un eventuale intervento straniero hanno serrato le fila degli alawiti di Qirdaha e di tutta la regione”. Per loro, ormai, ”e’ questione di vita o di morte”.
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