Quello che risalta maggiormente dall’analisi di molti casi ampiamente descritti nel rapporto di Amnesty International è che la violenza di Stato sembra essere utilizzata come strumento di deterrenza per la popolazione che delinque o per eliminare fisicamente i delinquenti recidivi.
Alcuni casi di violenza sicuramente sono da mettere in relazione a regolamenti di conti tra criminali e gli stessi agenti di polizia. Traffico di droga, estorsione, sicariato, sono le pratiche criminali che maggiormente vedono coinvolte le forze dell’ordine. Il sicariato è un fenomeno sotto osservazione in quanto relativamente recente, si tratta di una pratica criminale proveniente dal Sud America che da qualche anno ha preso molto piede nel paese e che vede coinvolti sempre più agenti, spesso con il ruolo di veri e propri intermediari.
Non sono molti i casi di violenza usata come sistema di repressione politica. Questa era una pratica più frequentemente usata sotto la dittatura di Trujillo e successivamente sotto il governo di Joaquín Balaguer (1986–1996). Tuttavia, in alcuni casi, soprattutto come forma di “controllo dell’ordine pubblico”, sembra che siano state compiute delle vere e proprie esecuzioni extragiudiziali contro determinate persone la sera prima di una manifestazione annunciata.
Altre volte, agenti del gruppo SWAT (un corpo speciale antisommossa della polizia) si sono appostati sui tetti delle case sparando a chiunque si apprestasse a disporre barricate o bruciare pneumatici per strada.
Il 16 giugno del 2009 un giovane ricevette vari colpi di arma da fuoco solamente perché si trovava a passare nei pressi di una manifestazione alla quale era completamente estraneo. Morì in ospedale poco dopo.
Un testimone ha raccontato che questo omicidio è avvenuto come regolamento di conti per pareggiare con la morte di un poliziotto avvenuta nel corso di una manifestazione precedente.
Un caso a mio avviso estremamente grave e che però nessun mezzo di comunicazione internazionale ha rilevato (come avviene spesso per quello che riguarda questo paese) è stato l’omicidio a sangue freddo di Anderson Parra Cruceta, 33 anni, che per le modalità e il contesto in cui è avvenuto potrebbe benissimo essere paragonato a quello di Brad Will, il reporter di Indymedia ucciso a Oaxaca in Messico nel 2006.
L’11 luglio scorso, nel corso di uno sciopero generale, Anderson Parra Cruceta stava filmando i disordini per strada e gli abusi che un tenete di polizia stava commettendo su un ragazzo. Sembra che questi si sia rivolto al giovane e dicendogli: “tieni, filma anche questo”, gli abbia sparato in bocca, uccidendolo all’istante. Nel corso della protesta quel giorno, anche un ragazzino haitiano di 13 anni, risultò ferito con arma da fuoco ad entrambe le ginocchia.
Tra le cause della corruzione e della violenza, va ricordata e ne accennavamo prima, la questione del salario.
Quello che guadagna un tenente, circa 140 dollari al mese è veramente una miseria e sicuramente non è un salario che permetta una vita dignitosa in questo paese. Un giardiniere o una donna delle pulizie guadagnano il doppio in Repubblica Dominicana. Alla base di questo fattore si crea un corpo di Polizia Nazionale non responsabile del valore del suo lavoro ma anche psicologicamente poco adatto a svolgerlo. Soprattutto su questo fa affidamento la criminalità organizzata. Con ottimi risultati. Va segnalato inoltre che è ancora vigente la proibizione del diritto di voto per i membri della Polizia Nazionale e delle Forze Armate, diritto revocato nel 1924, e che queste istituzioni non hanno diritto di associazione e di sindacalizzazione.
Sono questi i punti principali dai quali dovrebbe partire una riforma seria della Polizia Nazionale.
Tuttavia, vari tentativi di riformare l’istituzione a partire dal 1999 fino al 2005, quando si implementò nel paese il piano di Sicurezza Democratica con “l’obiettivo di di affrontare le cause della violenza e della delinquenza in maniera integrale e di migliorare le relazioni tra la polizia e le comunità emarginate” , non hanno dato grandi risultati.
All’interno di questo piano era previsto un Programma di Riforma e Modernizzazione della Polizia, criticato tuttavia da molte ONG per la difesa dei diritti umani e da associazioni della società civile per la superficialità con cui sono stati affrontati alcuni nodi cruciali del problema. Soprattutto è stato criticato duramente il fatto che tali riforme siano state portate avanti senza nessun dialogo con le associazioni civili.
Un ultimo progetto di legge, nel giugno del 2011 è stato consegnato dal presidente della Repubblica al Congresso, dopo l’approvazione del Senato, tuttavia senza tenere in conto i suggerimenti che indicava un equipe di esperti contattatti dallo stesso presidente.
Tra i meccanismi che potrebbero agevolare il lavoro di riforma della Polizia Nazionale c’è il Difensore del Popolo, figura prevista da una legge del 2001 per investigare denunce del pubblico contro istituzioni dello Stato. Ad oggi ancora si deve nominare il primo Difensore del Popolo, nonostante siano già state presentate tutte le candidature.
Nel paese inoltre manca una istituzione nazionale dei diritti umani. Esistono due ONG di diritti umani, la CNDH (affiliata alla Federazione Internazionale dei Diritti Umani, FIDH) e il Comité Dominicano dei Diritti Umani che operano con assoluta scarsità di fondi, con personale volontario e con mezzi del tutto insufficienti a dare una risposta concreta alla popolazione per le numerose denunce di violazioni dei diritti umani che ricevono. Tuttavia rappresentano l’unico argine alla violenza di Stato e svolgono un lavoro encomiabile.
Le raccomandazioni generali allo Stato dominicano di Amnesty International sono state:
L’applicazione immediata di misure destinate a ridurre gli omicidi della polizia e sradicare la tortura, i maltrattamenti e altre pratiche violatorie.
Garantire che le indagini su tutti i casi di presunte violazioni dei diritti umani commesse dalla Polizia Nazionale vengano svolte in forma indipendente, immediata, esauriente ed imparziale.
Proteggere le vittime e i testimoni.
Garantire il completo risarcimento a tutte le vittime delle violazioni dei diritti umani.
Concepire e implemnetare una riforma effettiva della Polizia basata sul rispetto dei diritti umani.
Migliorare il sistema di controllo sull’operato della Polizia.
Ratificare ed applicare i tratati internazionali dei diritti umani.
Ognuno di questi punti generici vede lo sviluppo di raccomandazioni particolari per la cui lettura si rimanda al testo integrale del rapporto di Amnesty International.
Le reazioni
Il primo passo nella soluzione di un problema consiste nell’accettarlo.
La Polizia Nazionale non accetta e non ammette che nel paese ci sia un problema di violenza di Stato e di mala gestione della forza pubblica. La delegazione di Amnesty International ha tenuto riunioni con tutte le istituzioni, con la Procura, con il Ministero dell’Interno e della Polizia, con la Camera dei Deputati, e tutti, chi più chi meno, si sono mostrati concordi rispetto al fatto che ci sono passi in avanti da compiere e che a volte la situazione sfugge al controllo.
La versione ufficiale della Polizia Nazionale e alcune volte delle stesse istituzioni, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, è che invece si tratta della conseguenza dell’operato di alcune mele marce che agiscono fuori dal contesto istituzionale nel quale i diritti umani e civili vengono sempre rispettati e che tali azioni isolate vengono pertanto sempre perseguite nei termini di legge.
Il rapporto di Amnesty International ha scatenato, come era prevedibile una serie di reazioni, anche abbastanza dure, sia tra gli stessi vertici della Polizia Nazionale che tra altre istituzioni, Chiesa Cattolica compresa. Alcuni settori sociali permeati di forte nazionalismo non hanno visto di buon occhio il rapporto di Amnesty International che vedono come una intromissione negli affari interni del paese. Tra questi, il senatore José Rafael Vargas ha parlato di un piano contro la Repubblica Dominicana del quale il rapporto di Amnesty International ne sarebbe uno strumento.
Il portavoce della Polizia, colonnello Máximo Báez Aybar, nel corso di un’intervista concessa ad un programma televisivo ha criticato perfino la copertina e il titolo del rapporto di Amnesty International (Callate si no quieres que te matemos-Stai zitto se non vuoi che ti ammazziamo), asserendo che “condizionano” l’opinione pubblica, dando una immagina negativa della Polizia Nazionale, ancor prima di leggerlo. Ha definito i numeri denunciati dalla ONG un “margine di errore” possibile nell’ambito dell’agire dei 30 mila uomini di cui è composta la polizia.
Il cardinale di Santo Domingo Nicolás de Jesús López Rodríguez ha dichiarato invece di non avere fiducia nell’informe di Amnesty International ma ammette che nel paese la Polizia Nazionale ha commesso molti abusi, da riferire però soltanto ad alcuni elementi.
Il Vicepresidente della Repubblica Dominicana, Rafael Albuquerque ha dichiarato che “Amnesty esagera”.
Il presidente della CNDH, l’avvocato Manuel María Mercedes che all’indomani della presentazione del rapporto aveva sollecitato le opportune dimissioni del capo della polizia si è visto dare per questo dell’ignorante da un anonimo giornalista sulle colonne di un noto quotidiano del paese. Addirittura secondo il giornalista “usare una ricerca incompleta e discriminatoria per suggerire le dimissioni o la sospensione del capo della Polizia costituisce un cretinismo maggiore”.
La cosa più importante invece è che la società civile nel suo insieme ha accolto positivamente il rapporto, concordando su tutte le raccomandazioni emesse. Ciò non desta meraviglia dal momento che il rapporto è stato redatto cercando di riflettere le aspirazioni della società dominicana, che vuole una polizia degna di uno stato democratico. Soprattutto i giovani hanno dimostrato interesse e preoccupazione per la situazione attuale, dimostrata dalla grande partecipazione che ha avuto la presentazione del rapporto all’Università Autonoma di Santo Domingo (UASD).
Concludendo, credo che sia importante richiamare l’attenzione dei mezzi di comunicazione internazionali rispetto a quanto accade nel paese. Troppo spesso interessi economici e commerciali impongono una sorta di censura per cui la Repubblica Dominicana deve rimanere solo e soltanto il paese delle spiagge, delle palme e delle belle donne.
I turisti vengono ospitati e “imprigionati” dentro i “resort all inclusive” senza nessuna possibilità di interagire spontaneamente e liberamente con l’ambiente e la società circostanti. Agenzie specializzate si occupano di ogni loro minima necessità riducendo a zero il contatto con la realtà del paese.
In questo modo si costruisce una sorta di mondo parallelo che esclude ed emargina drammaticamente il popolo dominicano da uno dei più potenti strumenti di deterrenza dei crimini di Stato: la comunità internazionale, fatta non solo di istituzioni e ONG ma anche e soprattutto di uomini e donne che creano reti e vincoli, che si cercano, si osservano e solidarizzano, sviluppano percorsi comuni di lotta e di resistenza, scambiano informazioni e si aiutano reciprocamente nel crescere.
Al momento di chiudere la presente nota, oggi 3 novembre, il presidente Leonel Fernández a una settimana esatta dalla consegna del rapporto di Amnesty International ha avuto una riunione con i più alti vertici della Polizia Nazionale proprio sul tema degli abusi. Ha chiesto che gli agenti agiscano nel rispetto dei diritti umani dei cittadini e si è impegnato a velocizzare il progetto di riforma della Polizia fermo in Congresso. Ricordiamo tuttavia che il testo presentato è stato considerato insufficiente e inadeguato sia dalla stessa Amnesty International che dalla associazioni di difesa dei diritti umani del paese.
P.S. 10/11/2011 In un articolo del 9 novembre viene riportato quanto segue:
“Il ministro dell’Interno e della Polizia ha dichiarato oggi che il rapporto di Amnesty International è viziato e manca di obiettività” e che “questo fu preparato da un messicano con lo scopo di allontanare il turismo dal paese e presentare la nazione con alti livelli di violenza simili a quelli del Messico”. Intervistato in una trasmissione televisiva ha dichiarato che “anche se il rapporto ha avuto poca pubblicità’, questi documenti quasi sempre vengono messi negli aereoporti e consegnati alle guide turistiche con lo scopo di far danno alla nazione” (sic)
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