Federico D’Incà, ministro delle Riforme, in un post su Facebook scrive: “Alcune delle voci critiche nei confronti della riduzione del numero dei parlamentari guardano con diffidenza alla riforma che verra’ votata il prossimo 20 e 21 settembre perche’ sarebbe una riforma costituzionale troppo limitata. Si sostiene che sarebbe stato opportuno accompagnare, nella stessa riforma, la riduzione dei parlamentari con altri interventi di revisione costituzionale. Non c’e’ da stupirsi: negli ultimi vent’anni siamo stati abituati alle grandi riforme costituzionali”.
Queste riforme, pero’, “quando sono state sottoposte al referendum popolare (per esempio quelle approvate dal Parlamento nel 2005 e nel 2016) hanno manifestato un grande limite. All’elettore veniva chiesto di votare con un solo SI o con un solo NO su una moltitudine di interventi riformatori tra loro eterogenei. In questo modo l’elettore veniva privato della possibilita’ di decidere su ogni singolo aspetto della riforma costituzionale”.
“La scelta di operare la riduzione del numero dei parlamentari senza accorpare nello stesso testo altre riforme e’ giustificata principalmente dalla necessita’ di rendere chiaro il quesito referendario e permettere ai cittadini di decidere liberamente sulla sola riduzione dei parlamentari. Con un quesito referendario con il quale si chiede ai cittadini di decidere su un solo intervento riformatore si consente un voto maggiormente consapevole e genuino”.
D’Inca’ precisa che “questo non vuol dire che non potranno esserci altre riforme costituzionali nel corso di questa Legislatura, come l’equiparazione dell’elettorato attivo e passivo delle Camere, la modifica dell’elezione del senato su base regionale, la riduzione dei delegati regionali per l’elezione del Presidente Repubblica. Anche queste eventuali riforme dovranno avvenire pero’ con lo stesso spirito: riforme puntali per garantire ai cittadini la piena liberta’ del voto”.