Umberto Bossi, 70 anni tra un mese, è sempre più rozzo, più triviale, insolente e rabbioso, con i gestacci e con le offese, contro alleati, colleghi di partito, avversari, giornalisti, la bandiera e l’inno nazionale e persino rappresentanti delle istituzioni. Ma rimane “omertoso” sugli sprechi romani di cui anche lui gode i benefici. Sostiene gli enti locali, roccaforti leghiste nelle province del profondo Nord. E’ arroccato in difesa delle pensioni di anzianità. Il “condottiero lumbard”, in canottiera o con la camicia verde con le maniche arrotolate, ha reagito rozzamente di fronte alle recenti batoste elettorali, da Milano a Gallarate, e alle sconfitte politiche e ai recenti fischi ricevuti in Cadore durante la festa di compleanno di Giulio Tremonti. Oramai Bossi ha perso la sua credibilità presso gli imprenditori, le categorie produttive, i sindacati e persino gli elettori del suo partito e quelli del Pdl. Per il bene della Lega e dell’Italia è auspicabile che Roberto Maroni diventi al piu’ presto il nuovo segretario della Lega.
Maroni ha dato convincente prova di essere un leader vero, persino apprezzato a sinistra. Certo, non è ipotizzabile, nell’immediato, una “rottamazione” traumatica di Bossi che, contestato dalla base, continua a urlare come un “ossesso” contumelie, un giorno contro la Montalcini e l’indomani contro Brunetta e il funambolo “Pier Furby” Casini. Ormai la confusione, le divisioni, le aspre polemiche, nel PDL e nella Lega, sollecitano, urgentemente, la “ridefinizione del progetto politico” che ha fatto vincere la coalizione nel 2008, che ormai sembra un secolo fa. E’ un compito che deve essere svolto dal segretario del Pdl Angelino Alfano e da Roberto Maroni. Dovranno accantonare i gruppi dei dirigenti “autoreferenziali” del PDL e della Lega. Dovranno prendere le distanze da tutti gli enti “foraggiati”, irresponsabilmente, da tutti i governi succedutisi negli ultimi 30 anni.
Alfano e Maroni dovranno parlare al Paese, con chiarezza, sottolineando la loro ferma volontà di rinnovare tutti i vertici da quelli centrali a quelli periferici. Dovranno costituire un nuovo e moderno partito di centrodestra in linea con il partito popolare europeo e, soprattutto, che sia in grado di rilanciare (in vista delle elezioni della prossima primavera o tra 2 anni) gli obiettivi, ambiziosi, annunciati nel 2009, con la fondazione del PDL, ma poi abbandonati, dopo la rottura traumatica tra Berlusconi e Fini. Alfano e Maroni sanno benissimo che Berlusconi e Bossi non si ripresenteranno come leader alle prossime elezioni politiche. Ma per evitare che per la successione si scateni una sanguinosa guerra intestina nel Pdl e nelle Lega, strategicamente dicono il contrario.
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