La questione meridionale dopo 150 anni dall’unificazione dell’Italia resta ancora sostanzialmente irrisolta, laddove il divario economico tra il sud e il resto del Paese continua a crescere piuttosto che attenuarsi, laddove la mole di risorse che lo Stato vi fa giungere da decenni non riesce ad ingranare un sistema organico di produzione e ricchezza, ma contribuisce allo sviluppo della malavita e laddove il capitalismo mondiale corre ad investire all’estero non prendendo per nulla in considerazione le grandi e popolose regioni del meridione. Ma soprattutto laddove resta il silenzio assordante di un sud che in svariate questioni di collaudato valore continua a non esprimersi, in un silenzio che va a braccetto con un’inevitabile decadenza o lasciando che si esprimano singole voci, quelli che poi vengono definiti “uomini soli”.
Per la Puglia è il caso di Paolo Pagliaro, imprenditore salentino che ha fatto parlare di sé per le sue idee controcorrente e che in una matassa di ragioni paralizzanti e distruttive sull’ormai conosciuto sottosviluppo del sud è spiccato per proposte degne di nota come la possibile istituzione della regione Salento. Una sorta di ribellione civile ad un sistema che finora si è rivelato scadente e di cui a fare le spese sono i cittadini dell’estremo sud della Puglia, che da “luogo abbandonato da Dio” – come definito da molti – diverrebbe con la regione Salento un valido centro propulsore in grado di analizzare difficoltà e deficienze smantellando innumerevoli costi, accelerando un adeguato processo di industrializzazione, ma salvaguardando al tempo stesso le risorse naturali del territorio.
La regione Salento potrebbe rappresentare il punto d’inizio del nuovo: quel nuovo in cui i soldi pubblici vengono spesi bene con la realizzazione di strade, ospedali, ferrovie. Quel nuovo che è il punto di partenza della nuova Italia e di una nuova storia in cui non vi è più spazio per assurde tesi che giustificano qualsivoglia sopruso con “l’inferiorità della popolazione meridionale” raccontata da sempre nel sistema del potere. Quel nuovo in cui l’emigrazione fa parte del passato come soluzione amara e vergognosa all’impossibilità di una vita dignitosa nel profondo meridione. Quel nuovo che sarebbe sinonimo di lavori di risanamento del territorio e realizzazione di infrastrutture, dove nulla può essere più abbandonato come fosse questione insolubile e che può avere i suoi promotori nelle nuove generazioni.
































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