All’indomani del primo anniversario dell’arresto di Alberto Trentini, il cooperante 46enne originario del Veneto fermato in Venezuela il 15 novembre 2024 senza accuse né spiegazioni, emerge una nuova testimonianza che riaccende l’attenzione sulla vicenda.
Dopo cinque mesi di detenzione nello stesso carcere alla periferia di Caracas, il cittadino francese Camilo Castro è finalmente tornato a Parigi e ha potuto riabbracciare la sua famiglia.
“Fino ad agosto il nostro governo non era ancora riuscito a stabilire un contatto telefonico con le autorità venezuelane. Per Alberto non è stato fatto ciò che era necessario”, denuncia Armanda Colusso Trentini, madre del cooperante italiano.
Secondo i dati riportati dal Quotidiano Nazionale, sono oltre duemila gli italiani attualmente detenuti all’estero.
Di questi, circa 1650 si trovano in carceri europee, mentre 244 sono reclusi in Paesi extra Ue: 166 nelle Americhe, 23 tra Mediterraneo e Medio Oriente, 22 nell’Africa sub-sahariana e 77 in Asia e Oceania.
Una quindicina, come ricordato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, si trovano in Venezuela.
Oltre a Trentini, gli altri connazionali detenuti — tra cui il giornalista Biagio Pilieri, leader del partito moderato d’opposizione Convergencia — sono in prevalenza italo-venezuelani.
Tra i casi più ignorati figura quello di Fulgencio Obiang Esono, ingegnere italiano di origini equatoguineane, condannato nel 2019 a 60 anni di carcere con l’accusa, ritenuta infondata, di aver partecipato al tentato colpo di Stato del 2017 contro il presidente Teodoro Obiang.
Queste storie, spesso raccontate solo attraverso numeri e statistiche, ricordano invece la fragilità e la solitudine di chi vive una detenzione lontano dal proprio Paese. Per questo, ogni caso merita attenzione, trasparenza e un impegno costante delle istituzioni, affinché nessun cittadino venga lasciato ai margini, abbandonato al proprio destino.






























