Da una parte c’è il ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid, che riferendo al Parlamento indiano sulla vicenda dei due marò italiani, rientrati ieri in India, ha detto che per il loro caso non è prevista la pena di morte. "Sulla base della consolidata giurisprudenza indiana, questo caso non rientra nella categoria delle questioni che richiedono la pena di morte, che è un caso molto raro”, ha sottolineato, aggiungendo: “Pertanto non ci devono essere preoccupazioni in merito". Dall’altra c’è il ministro della Giustizia indiana, Ashwani Kumar, che ha escluso che il governo indiano possa aver fornito assicurazioni all’Italia sulla sorte dei nostri marò, e in particolare che sia esclusa la pena di morte. Una posizione che di fatto sconfessa le dichiarazioni del suo collega degli Esteri: “Come può il potere esecutivo – domanda in maniera un po’ retorica il Guardasigilli – fornire garanzie sulla sentenza di un tribunale?".
C’è poi un altro punto che dovrebbe fare riflettere e che metterebbe, se fosse vero, Monti e i suoi ministri nel girone dei traditori della patria. Sempre il ministro degli Esteri indiani ha detto in Parlamento che con l’Italia non è stato siglato alcun “accordo” per il rientro dei nostri marò nel Paese asiatico. Insomma, anche da parte sua, è evidente: nessuna garanzia sul fatto che nei confronti dei militari italiani non verrà usata la pena di morte.
Dunque, il danno e la beffa. Ci sentiamo traditi, come italiani. Abbiamo rispedito in India, come fossero due pacchetti, i nostri fucilieri di Marina, sapendo che c’era un accordo: qualsiasi cosa fosse successa, non ce li avrebbero ammazzati. Invece, scopriamo ora che così non è, che la pena di morte è lì nascosta nell’ombra e che potrebbe venir fuori da un momento all’altro. Ecco cosa succede a volere essere leali con chi non conosce cosa sia la lealtà. La dichiarazione, poi, del sottosegretario agli Esteri italiano, Staffan De Mistura, complica ancor di più il giallo: Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non rischiano la pena di morte in India, afferma, perche’ il governo di New Delhi ha fornito all’Italia una "assicurazione scritta ufficiale del ministero degli Esteri a nome del governo indiano". Ma allora l’accordo c’è o no?
Trattare con l’India significa trattare con un mondo alieno, estraneo alle nostre regole e ai nostri valori. Non sono bastati i risarcimenti alle famiglie dei pescatori (saranno andati veramente a loro?), l’India vuole mostrare al mondo la sua forza e se ne frega dei due maro’ come se ne frega di tutti gli indiani morti di fame che muoiono nella campagne a grappoli e dei bambini che giocano nelle fogne a cielo aperto. L’India, Paese "spirituale" per antonomasia, dove negli anni settanta migravano i nostri giovani arrapati per trovare pace nelle orge dell’oppio. L’India, mostruoso gigante della globalizzazione, che divora in casa sua i principi dell’Etica e della Giustizia, sfida senza vergogna il mondo civile con la sua brutalità e fa paura ai piccoli uomini che ci governano e si sono calati le braghe. Vergogna!
Avremmo dovuto trattenere i nostri marò qui, in Italia, altro che parola data. Non si è leali con chi ha la cultura della vendetta. Francesco Storace, leader de La Destra, taglia corto: “Ce li devono restituire, qualcuno li vada a riprendere, ma riportateli in Patria. Altrimenti, occhio per occhio: via gli indiani dal nostro Paese. Non siamo lo zimbello del mondo”. Noi siamo d’accordo con lui.
Twitter @rickyfilosa
































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